COMPAGNO TU LAVORI E IO MAGNO! (IL LAVORO E LO STUDIO)

 

Per me il rapporto col lavoro è cambiato anche in relazione a come sono cambiate le cose con l'esterno: fino a quando politica e rapporti con le persone erano importanti, il lavoro aveva una rilevanza molto piccola. C'è stato un momento in cui mi sono reso conto che c'erano poche cose nella mia vita oltre il lavoro. E' stato il periodo in cui ho deciso di iscrivermi all'università. Ho patito delle grosse crisi a livello esistenziale, avevo tempo ma non sapevo cosa farmene. Dopodiché al momento attuale il lavoro ha assunto molta importanza alla luce anche dell'esperienza passata. Rispetto al lavoro che faccio adesso io cerco di valorizzare l'etica, l'ideologia, cercare di far funzionare meglio i Servizi, e questo cambiamento ha modificato moltissimo il peso del lavoro nella mia vita.

Io ho iniziato a lavorare facendo lavori di merda anche molto faticosi. Proprio nel periodo del circolo facevo affissioni pubblicitarie arrampicandomi sulle scale fino a 10 metri di altezza. Per questo io cercavo nel circolo anche un ambiente in cui riconoscersi perché l'ambiente del lavoro mi era completamente estraneo. Al contrario, quando sono entrato alla FIAT, pur non piacendomi il lavoro, ho trovato un ambiente molto più interessante sia dal punto di vista umano che politico. Mi sono accorto che il disagio che provavo durante l'esperienza del circolo era soprattutto collegato ad un problema di comunicazione che non riuscivo a tirare fuori cogli altri compagni. Però quando sono entrato in FIAT mi sono accorto che l'esperienza del circolo mi dava molti strumenti per affrontare questa nuova realtà. A proposito di questo sono riuscito ad inserirmi sia con gli operai politicizzati sia con i nuovi assunti. Quando mi hanno messo in

cassa integrazione anche se sono stato davanti ai cancelli per 35 giorni non ero dispiaciuto, in quanto mi ha permesso di progettare un nuovo tipo di lavoro (fisioterapista). Da questo momento il rapporto con il lavoro è cambiato ho dovuto rapportarmi con le aspettative ed i bisogni delle persone per cui non potevo solo pensare ai soldi.

 

Dopo il '77, quando ho iniziato a lavorare, è cominciata a maturare l'idea che fosse necessario appropriarsi del lavoro come un momento in cui fare anche delle cose piacevoli. Il fatto di non essere garantito poteva essere vissuto in modi diversi; una cosa era essere costretti ad accettare qualsiasi tipo di lavoro per avere un reddito e questo è sicuramente il lato negativo. Ma poteva anche esistere il bisogno di ricercare un lavoro gratificante, non sicuro, ma che rispondesse magari ad altri bisogni.

Vivevo la mancanza di autonomia economica come un grosso impedimento alla mia libertà. Mi ha sempre dato fastidio dipendere da qualcuno. Volevo un lavoro che in qualche modo rispettasse la mia creatività e non mi alienasse completamente, togliendomi tutta l'energia. Ricordo che l'aver trovato lavoro mi tagliò fuori dalle esperienze di vacanze collettive (due grossi gruppi, uno in Scozia e uno in Spagna) ma mi diede il ruolo di "custode della villa" e di riferimento (insieme a pochi altri che erano rimasti) per quelli che erano via e poi tornavano.

Dal circolo in poi, dimessomi dall'incarico di funzionario di AO e dall'organizzazione, ho iniziato con lavori precari e ancora oggi non ho un posto fisso nonostante siano ormai 14 anni che lavoro nei servizi sociali. Il rifiuto del lavoro ha fatto sì che l'abbia vissuto sempre come uno strumento per la realizzazione di obiettivi su altri piani, e mai fine a sé stesso come possibilità di realizzazione e oggi ne vivo le conseguenze alternando sentimenti opposti su un regime economico familiare sempre difficile

 

Nel '77 lavoravo già da quattro anni in fabbrica come operaio specializzato. Per cui, se da un lato vivevo una situazione privilegiata, in quanto non ero in produzione, dall'altro lato, dopo il '76 e gli avvenimenti politici che hanno contraddistinto quell'anno, con il venir meno del mito operaio prendeva forza l'esigenza di lavorare di meno per avere maggiore tempo libero da dedicare ad interessi diversi. Ero iscritto all'Università dove frequentavo esclusivamente seminari che mi interessavano, tra i quali uno interdisciplinare sulla cassa integrazione e un altro sul rifiuto del lavoro.

 

Io ho incominciato a lavorare qualche anno prima. Ho sempre pensato al mondo del lavoro in modo un po' diverso perché alla fine degli anni 60 per un ragazzo di 14 anni, dopo le medie inferiori non era difficile trovare un lavoro: però io non avevo un cazzo di voglia di lavorare, ma quando ho capito che dovevo farlo lo stesso, ho cambiato diversi lavori, fino a quando ne ho trovato uno che mi piaceva. Ho fatto per tanti anni il fotolitista. Il mio approccio col mondo del lavoro non è mai stato traumatico, comunque io ho fatto per tanti anni un lavoro in fabbrica perché le tipografie sono fabbriche. Cerco un lavoro che mi dia una certa soddisfazione, che mi piaccia, mi sforzo di raggiungere questo fine. Non

 

sopporterei mai di andare a lavorare in una fabbrica , in produzione o un lavoro che mi aliena e non mi sento un militante per questo. Per cui io non voglio che il lavoro sia soltanto alienante, frustrante o militante. Attualmente guadagno poco, 1.200.000 lire al mese, e data la mia età questo stipendio è una merda, ma me ne fotto.

Non esiste un lavoro in cui uno riesce a risolvere individualmente tutti i nodi, tutte le questioni. In effetti ti trovi, anche quando fai il lavoro artistico, anche quando fai il lavoro che ti interessa di più, a confrontarti con il mercato, con l'accettare certe regole, devi fare i conti con il fatto che ti devono finanziare.

 

Per la maggior parte dei lavori non esiste questo grado di partecipazione e di interesse o esiste un uso strumentale da parte, ad esempio, della grande industria della qualità del lavoro, come nel caso della Fiat: il discorso della "Qualità Totale" è diventato lo strumento per far affezionare gli operai a dei lavori di merda. Quindi bisogna stare attenti, quando sei tu a cercare gratificazioni. Ad esempio rispetto al mio lavoro alla RAI: è vero che certi lavori mi divertono e mi piacciono però se penso al senso di quello che sto facendo è una merda totale in quanto sul mio lavoro poi ci guadagnano le aziende che fanno pubblicità, i messaggi promozionali che riempiono gli spettacoli televisivi...