I "MILITONTI"


... stare in fabbrica pesava, era un gran culo e non ci bastava più; e non si vedevano prospettive in cambio del farsi sfruttare, e nell'attesa di che cosa?...

... quando le organizzazioni della sinistra rivoluzionaria si sono poste il problema della complessità, sono saltate in aria e non sono state in grado di governarlo: questo quando sono entrate in campo le donne, i giovani...

Prima che ci fosse il Circolo facevo politica principalmente a scuola, ero dei collettivi politici studenteschi ed affrontavo i problemi della didattica, della democrazia, dell'autodifesa dai fascisti, dei rapporti con le altre scuole, eccetera. Non avevo allora particolari aspettative o progetti, se non uno spontaneo ed istintivo desiderio di giustizia, di liberazione dell'uomo, di comunismo...

Facevo politica dalla prima superiore nel 1971, provenendo da una famiglia di sinistra e fratello minore di un compagno della prima ora (68/69). La mia iniziazione mi fu data da un supplente di ginnastica in terza media, compagno giovane legato alla Libreria Popolare, sui testi di Mao e poi della "Madama Calderini" proprietaria della suddetta. Nel 1972 sono poi entrato nel collettivo Lenin poi confluito in Avanguardia Operaia.

... da ottobre ero funzionario di Avanguardia operaia, o era già DP?, e la politica era il mio lavoro e questo mi andava più che bene anche perché mi permetteva di stare con persone che ritenevo affini. Al momento di inizio del circolo stavo, però già in crisi perché sentivo una richiesta di impegno pressoché totalizzante e la sclerotizzazione delle organizzazioni rivoluzionarie sentendomi attratto molto di più dalle nascenti esperienze di "movimento" (indiani metropolitani, circoli milanesi)...

Tutti quelli che hanno fatto una militanza nei gruppi extraparlamentari, nel movimento studentesco, ma anche nella FGCI sono quelli che si sono poi aggregati nei circoli anche se si sono aggiunte persone che non avevano mai fatto politica. Quindi c'era una figura militante che era trainante; adesso la figura militante trainante mi sembra scomparsa.

Facevo parte allora del gruppo dei più politicizzati, di quelli che avevano una militanza politica alle spalle, che non potevo dimenticare perché era il mio percorso precedente. Credo di aver partecipato e anche promosso quasi tutte le attività che si facevano al circolo: dalle ronde antifasciste alle trasmissioni in Radio Città Futura insieme ai tossici del Parco sul problema della droga; dalla partecipazione ai picchetti del sabato alla Fiat alle riunioni del gruppo donne; dalla partecipazione alle Grandi Pulizie alle notti di chiacchiera e veglia festaiola.

Una cosa che sottolineerei è che a livello di crescita personale e politica il circolo non è stata la prima esperienza. Ha rappresentato un modo di vivere la politica molto più centrato sui rapporti personali e su un coinvolgimento della politica nella vita quotidiana. Riguardava una dimensione di vita collettiva e una condivisione del tempo libero con un numero più ampio di persone. Ha rappresentato un modo diverso di vivere la politica, dall'appartenenza ad una organizzazione o ad un partito, che avevano delle regole molto precise, di militanza, di normalizzazione dell'attività politica: le riunioni, gli attivi, essere responsabile di qualche cosa. Nel circolo c'era una pratica, per certi versi irregolare e con una dimensione collettiva, che aveva le sue regole, che erano implicite, non scritte, e questo era un aspetto un po' più difficoltoso della mia esperienza .

A un certo punto LC mi ha mandato a fare il commissario nella sezione Mirafiori Quartiere perché ne succedevano di tutti i colori, c'erano i cristiani per il socialismo e gli stalinisti bestemmiatori che litigavano, per cui vivevo di nuovo la situazione di uno che arrivava lì e non c'entrava niente, da funzionario di partito, quindi una condizione che non c'entrava niente con me se non quella della mia ideologia (...) da una parte mi sentivo l'uomo del partito che doveva cercare di tenere insieme le cose, perché era importante che qualcosa continuasse ad esistere, dall'altra ero uno che diceva che le donne avevano ragione, i giovani, insomma, tutti i contenuti di quel periodo che mi sembravano importanti (...) Si trattava quindi di una militanza con profonde radici ideologiche, ma scollegata dai miei bisogni e dalla mia realtà di vita, caratterizzata soprattutto dal senso del dovere e dalla fiducia in un progetto complessivo di mutamento rivoluzionario, al quale rimandavo la soluzione di tutti i problemi, compresi i miei. La crisi di LC mi ha quindi colpito profondamente e mi ha lasciato disorientato, ma con la voglia di tradurre in pratica le cose che erano venute fuori prima e durante il congresso di Rimini. .. Il circolo ha risposto alla mia necessità di continuare un impegno politico, affrontando come centrali i problemi che la precedente militanza aveva lasciato da parte, come la condizione giovanile, la droga, i rapporti tra i sessi, l'ecologia e l'accesso alla cultura. ...

Io vivevo in due ambiti distinti, quello della sezione di Lotta Continua della fabbrica, che continuava a centrare i problemi sulla fabbrica, e quello del tempo libero in cui i problemi dei giovani creavano delle contraddizioni che non trovavano risposta all'interno dell'organizzazione. Quindi era necessario ripartire dai quartieri per fare uscire questo disagio diffuso.

Avevo un riferimento grosso, questo grande contenitore che era Lotta Continua, che ad un certo punto si è svuotato, lasciando nel frattempo una serie di rapporti costruiti anche a livello umano e però, lasciandoci nell'impossibilità di progettare, pensare la rivoluzione in modo organizzato (...) la sezione LC di Borgo S. Paolo era una sezione molto numerosa, gli attivi erano frequentati ed aveva avuto un ruolo abbastanza importante nel casino di LC. Nella sezione di S. Paolo si sono intrecciate in piccolo tutte le contraddizioni del partito in grande: le donne, i giovani, la militanza, la dirigenza, il lavoro interno, il lavoro esterno (...) al Congresso di Rimini avevamo già discusso di questo e che non si può pensare alla rivoluzione come una serie di interventi esterni sulla classe operaia, ma che dobbiamo porre al centro la nostra soggettività.

... non sarà proprio questo modello di militanza un modello che, nel momento in cui crolla, non lascia molto dietro di sé; che vota totalmente l'individuo a una causa e che non tiene conto delle cose che sono importanti per la vita delle persone, una militanza che proietta l'individuo in una dimensione che non è quella sua di carne e di ossa, ma che è ideale. Mentre un impegno politico più morbido, dove vengono valorizzati aspetti diversi, modi di porsi nella vita diversi, lascia poi dietro di sé qualcosa di più fecondo, e penso ad esempio ai movimenti verdi molto forti in altri paesi;...

... se erano vere le cose della tradizione marxista, non si capiva perché la rivoluzione non si facesse mai e la gente continuava a stare in una condizione di sfruttamento e, invece d'incazzarsi e di ribellarsi, s'incazzava pure con te se tu facevi i picchetti e davi i volantini rompendogli i coglioni.

... Io non vivevo questa condizione di militante in modo così schizzato: era noioso forse dare il giornale tra le case popolari come i testimoni di Geova, nessuno te lo comprava... almeno all'inizio non vivevo questa schizofrenia tra la militanza, la rivoluzione e il soggetto.

... All'inizio non avevo tanto le idee chiare su quale fosse il gruppo della sinistra a cui fare riferimento. Invitato da amici ho partecipato a riunioni e pezzi di scuola quadri più disparate mal sopportando l'idea di appartenere ad un branco. Ricordo che mi dava molto fastidio l'arroganza e il settarismo esistente allora. Mi sentivo un cane sciolto anche se la mia area di riferimento era Pdup-AO.

... Mi ricordo che noi avevamo i capelli lunghi e questo non andava molto bene in Lotta Continua in quel periodo, e noi eravamo anche i più giovani. C'era un clima strano, io sono sempre stato lontano dall'entrare in LC quando era forte, grande e organizzata a causa proprio di questa struttura rigida, precisa, che secondo me allontanava un certo tipo di gente. Mancava in quel periodo lì una politica, che poi è quella che abbiamo fatto noi, più rivolta ai giovani, con tutte le contraddizioni che si vivevano, la vita com'era, i capelli lunghi, gli spinelli, ...

... I circoli erano una situazione di movimento aperta a tutti: ci poteva arrivare il giovane per incontrarsi e stare insieme o quello che arrivava dalle organizzazioni della sinistra rivoluzionaria con tutti i suoi cazzi per la testa...

Chi iniziava ad occuparsi dei problemi dei giovani all'interno dell'organizzazione (Lotta Continua) era nello stesso tempo osteggiato da alcuni e appoggiato da altri; c'era ad esempio chi faceva la festa del proletariato giovanile, ma c'era anche chi diceva che queste erano cazzate. In ogni caso chi si occupava o voleva occuparsi dei giovani non poteva non far riferimento al quartiere.

... Al di là delle organizzazioni, c'era un movimento fricchettone che si inspirava al rock e allo spino, Re Nudo, all'India e anche il movimento libertario, e questo ha iniziato a creare casini anche all'interno delle organizzazioni, soprattutto per un giovane militante che doveva occuparsi dei problemi degli operai e non parlare dei cazzi propri.

Ma voi sapete com'era un attivo di sezione in LC?? Sarà che io ero giovane e scapestrato, mi piaceva il rock and roll, ma uno entrava in questo posto: un silenzio di tomba! poi alla fine c'era il segretario che iniziava a parlare di quello che era il tema dell'attivo di sezione: nuovo silenzio di tomba... vi assicuro che io stavo male! ma è possibile che deve essere una roba così... mi ricordo che una volta dopo dieci minuti di silenzio totale, dico qualcosa... ho fatto una domanda del cazzo su qualcosa e uno a fianco a me mi fa vedere uno di quei fascicoli che si preparavano sul congresso e mi dice leggi qui... e infatti c'era scritto quello che avevo chiesto e ho pensato: allora sto zitto per tutto il tempo della mia vita.

Nel 1975-76 l'attività politica nel nostro liceo era stata molto intensa: Monte Ore, occupazione, collettivi, autogestione. Poi c'era il movimento femminista alle cui riunioni partecipavo con una certa continuità e i comitati dei disoccupati, che nei primi mesi del '77 ho frequentato assiduamente.(...) Fare politica, allora, era per me vivere, sperimentare forme di vita: i cortei, le riunioni, il teatro, la musica o l'autocoscienza avevano in questo la medesima valenza.

Per quanto mi riguarda quello che mi ha formato è stato soprattutto l'esperienza in Lotta Continua dal 70 al 76. In quel periodo ho fatto militanza politica prima nella scuola, poi nel lavoro di quartiere, nei proletari in divisa e in fabbrica. Le letture erano quelle classiche di quel periodo legate allo studio del marxismo, della storia del movimento operaio e della condizione giovanile. Inoltre si leggevano i documenti e le riviste prodotte dalla sinistra extraparlamentare.