PARENTI SERPENTI?ANCORA SULLA FAMIGLIA:


La scelta è stata andare via di casa: fatta in modo affrettato senza decidere con chi. Tutto andava bene, bastava prendere la propria vita in mano, vivendola nel pieno della libertà.

Non desideravo andare a vivere per conto mio. Ero troppo giovane, anche se invidiavo quelli più vecchi di me che già lo facevano...

Nel '77 vivevo già per conto mio. L'idea di andare via dalla famiglia appena possibile l'avevo maturata da molti anni; non tanto per particolari contrasti con i miei genitori quanto per mettere al più presto in opera le idee di un modo di vivere alternativo e slegato dagli schemi tradizionali che ci venivano insegnati (lavoro, denaro, matrimonio).

Era una delle maggiori aspirazioni che avevo in quel periodo, quella di andare a vivere per conto mio per avere uno spazio per me, senza regole imposte da altri. Ma era anche molto sentita l'esigenza di una vita comunitaria, quindi non una casa come uno spazio privato, ma un luogo dove incontrarsi con gli amici, stare con la ragazza, fare progetti ecc...

La mia idea era che la famiglia al di là della "buona" volontà dei suoi componenti fosse una istituzione repressiva, con ruoli di potere a sfavore delle donne, utile alla società per perpetrare le proprie regole e per imporle su chi al suo interno ha oggettivamente meno potere, come i giovani, facilmente ricattabili...l'idea di vivere con un fidanzato la rifiutavo per il timore che riproducesse ruoli di genere e facilitasse l'instaurarsi di rapporti di potere.

 

In quanto figlio di genitori comunisti, divorziati e risposati, ho avuto due famiglie con cui rapportarmi ... nella primavera del '77 frequentavo la quarta liceo e non avevo né i mezzi economici, né sentivo la necessità di vivere per conto mio, avendo in casa dei miei la massima libertà di movimento e di espressione. Avessi vissuto con mio padre, forse avrei fatto altre scelte.

... Desideravo abitare con amici per poter gestire la mia vita in modo autonomo al di fuori della famiglia.

 

Volevo sperimentare un modo di vivere differente dal modello familiare in quanto ritenevo che la sua struttura fosse il primo anello della formazione della società funzionale alla conservazione dello stato presente.

Paradossalmente radicalizzavo ciò che i miei genitori mi avevano insegnato: i valori cristiani, ma più in generale l'etica egualitaria e umanitaria, assorbiti da bambina erano da me interpretati come un'utopia realizzabile contro la distorsione della cultura piccolo borghese (...) Non pensavo tanto a un modo diverso di fare famiglia o comunità, ma soprattutto a vivere la mia personale libertà dal controllo familiare, che percepivo in modo molto pressante e che vivevo con grande insofferenza.

 

... Nei confronti della mia famiglia, era presente una forte rottura di valori e idee politiche, non vi era in pratica comunicazione. Il disaccordo era netto sugli stili di vita e sulle prospettive future, in particolare sulla questione del matrimonio. Il mio obiettivo era di andare a vivere con dei compagni in una casa comune...