Diritto alla comunicazione nello scenario di fine millennio

Iniziativa nazionale in difesa della telematica amatoriale

19 febbraio 95

Convegno organizzato da Strano Network al

Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato


Intervento di:

  • Antonio Caronia (Agave e collaboratore di Virtual)


    Buongiorno a tutti e grazie. Credo di avere poco da dire sulle particolarita', o sulle concrettissime proposte sul terreno giuridico, perche' non sono un operatore della scienza del diritto e quindi vorrei limitarmi a dire due cose in modo molto succinto, spero. In primo luogo vorrei invitare me stesso e tutti noi che siamo qua oggi a capire meglio in quale grosso sfondo si colloca questo nostro incontro di oggi e l'insieme dei problemi particolari, anche di breve periodo, che abbiamo di fronte, e di cui, ovviamente, e' giustissimo che ci occupiamo e su cui anche troverei giusto che dall'insieme dell'incontro di oggi uscissero anche proposte concrete. Non diro' la mia opinione in maniera specifica dilungandomi molto su queste cose. Pero' credo che se non abbiamo presente il quadro generale dentro il quale si colloca questo insieme di problemi, di rivendicazioni di liberta', di difesa da certi attacchi, potremmo rischiare, come diro' successiuvamente, di impostare una battaglia in modo quasi perdente, in modo da non avere la necessaria incisivita'. Lo sfondo generale entro il quale si situa questa congiuntura oggi, questa discussione, questo insieme di dibattiti a vari livelli, come e' stato gia' prima ricordato, al livello alto delle riunioni politiche dei governi modiali, al livello del governo italiano, al livello della elaborazione di leggi e al livello dell'utenza, questo quadro e' quello di una trasformazione rapidissima non soltanto del mondo della comunicazione ma del mondo della vita quotidiana indotta dalle nuove tecnologie. Se questo e' il quadro, cioe' se le trasformazioni che noi stiamo vivendo sono trasformazioni cosi' rapide e questo e' un dato di fatto, una cosa di cui ci rendiamo conto tutti, non soltanto naturalmente rischiano di essere obsolete rapidamente, di andare fuori obiettivo rapidamente gli strumenti giuridici e legislativi che si approntano su questo tipo di cose, ma rischiano forse di essere facilmente superate dai fatti anche le nostre risposte a questi. Quindi da un lato dobbiamo conservare una duttilita', una capacita' di capire quello che c'e' di nuovo, di momento in momento, molto alta e molto forte. La seconda cosa che voglio dire da questo punto di vista e' che l'ingresso delle nuove tecnologie e anche di tecnologie meno nuove come la televisione o l'uso dei sondaggi che fanno parte in qualche modo di questo universo mediatico, stanno rapidamente trasformando moltissimi giuristi, politologi, stanno trasformando rapidamente anche le pratiche e i concetti della democrazia. Noi in questo paese lo stiamo vivendo in maniera particolarmente forte questo processo, stiamo vivendo una congiuntura politica di rapporti tra movimenti degli strati sociali e mondo politico che in questo momento sono oggetto di studio in tutto il mondo, mi riferisco ai problemi della videocrazia, del rappporto giurdico e pratico concreto dell'ingresso in campo direttamente di forze imprenditoriali che saltano la tradizionale mediazione politica pone una serie di problemi del tutto nuovi su cui le teorie e le pratiche classiche poltico giuridiche sono fortemente inadeguate a comprendere e a sapere rispondere. Allora noi su questo certamente abbiamo (quelli che siamo qua e spero anche qualcuno che e' fuori di qua) alcune opzioni di fondo che vogliamo mantenere, per esempio, sappiamo, per la nostra esperienza, per le cose che ci interessano, per le cose che noi facciamo, che privilegiamo un modello di comunicazione orizzontale, trasversale, frastagliato, laterale come e' quello delle reti rispetto a un modello di comunicazione verticale, classico come e' quello dei mass-media tradizionali che, ci dicono molti studiosi, molti scrittori, come ad esempio Michael Crichton, sono destinati alla obsoloscenza, ma che intanto nel momento in cui forse stanno morendo, o forse si stanno trasformando, probabilmente sono in grado di crearci nell'oggi piu' danni che non se stessero fermi e tranquilli.Di fronte a questo quadro molto complesso su cui mi guardo bene dal tratteggiare complessivamente tutte le implicazioni (ci vorrenbbe ben altro tempo, ben altro spazio, forse ben altra testa che la mia per fare un'analisi complessiva) mi sono limitato a richiamare alcuni dei problemi generali che oggi sono di fronte alla societa' in relazione alla sua modificazione relativa all'ingresso delle nuove tecnologie della comunicazione e dell'informazione. Noi abbiamo giustamente una rivendicazione di spazi di liberta' che l'esistenza di questi nuovi strumenti, in particolare delle nuove pratiche comunicative sulle reti, non venga intralciata, schiacciata sul nascere da legislazioni e politiche repressive. Quindi stiamo rivendicando un diritto alla liberta' di comunicazione. Vorrei pero' su questo fare qualche osservazione. E' possibile, anche se noi sappiamo quanto sia difficile, che noi riusciamo nel breve periodo a mobilitare, in qualche modo, l'insieme delle comunita' vitrtuali telematiche che in questo momento agiscono in Italia e magari anche in altri paesi? -ma noi siamo qui in Italia, quindi siamo giustamente preoccupati in primo luogo del nostro quadro legislativo- E' possibile che noi riusciamo a mobilitare questo insieme di comunita', in modo anche abbastanza efficace, su parole d'ordine come: niente legge, codice di autoregolamentazione etc. Certo alcune cose, come prima ci ricordava Raf Valvola, che si stanno preparando sono abbastanza grottesche: l'obbligo dell'identificazione dell'utente, la registrazione statale delle BBS, tutte cose che sono fra l'altro in contraddizione con il campo enorme, estremo di possibilta' di travestimento dell'dentita' che offrono questo tipo di tecnologie. Quindi da un lato possiamo essere tranquilli perche' possiamo credere come dicono Bruce Sterling e William Gibson che "la strada trovera' la sua via", prima o poi, per utilizzare in maniera creativa, diversa e non irregimentata questo insieme di possibilita' tecnologiche, pero' naturalmente possiamo fare anche una battaglia oggi. Diciamo ipoteticamente noi riusciamo a mobilitare questo insieme di comunita', ma sara' sufficiente, secondo voi, che noi riusciamo a pompare un po' di adreanalina in piu' nei nostri corpi individuali e collettivi di carattere telematco per vincere una battaglia di questo tipo? Io sono molto dubbioso su una cosa del genere. Noi abbiamo la necessita', come qualsiasi soggetto sociale di tipo tradizionale o di tipo nuovo in una determinata situazione, di fare breccia anche presso chi non fa parte di queste comunita' telematiche, perche' altrimenti sara' semplice attraverso due o tre campagne di stampa ben orchestrate, attraverso due o tre, quattro, cinque, dieci, cento, mille interventi televisivi di un certo tipo, attraverso l'identificazione che si fa (non solo come diceva Raf, nei convegni di un certo livello, ma si fa anche nelle chiacchere da bar della gente comune, della gente che su Internet non ci sta, della gente che non ha mai visto che cos'e' una BBS) di soggetti che usano la telematica come terroristi, come coloro che trafficano con le macchine. E' facile creare nella opinione pubblica una situazione anche falsa magari, anche artatamente diffusa di emergenza, e quindi convincere che uno strumento legislativo e' necessario. Noi e' su questo livello, secondo me, che dobbiamo combattere e in un momento di questo tipo io ho qualche dubbio che la parola d'ordine della liberta' di comunicazione in astratto sia una parola d'ordine utilizzabile, giusta, che ci serve per poter fare breccia in altre cose. Io credo che noi dobbiamo - questo vuol essere un suggerimento, non so come possa essere effettivamente attuato, voglio solo dare uno spunto di riflessione per verificare se possiamo lavorarci tutti insieme - collegare il livello della forma, il livello dello strumento che stiamo utilizzando con un minimo di contenuti. Che cosa si fa davvero su queste reti? Che cosa si puo' fare davvero su queste reti? Io ho fatto una proposta quantomeno di integrare la parola d'ordine della liberta' di comunicazione con la parola d'ordine della liberta' di sperimentazione, come l'ho chiamata, ma potremo chiamarla come vogliamo. Quello che sarebbe importante. io credo, e' la realizzazione del collegamento fra la questione della liberta' delle reti alla utilita' che hanno le reti all'interno di una dinamica sociale, cioe' quello di cui la societa' dovrebbe essere preoccupata e' di non avere, in una situazione di questo tipo, di trasformazione molto rapida, di sconvolgimento continuo e accelerato piu' che velocizzato, di ingresso di nuovi strumenti di comunicazione e di elaborazione dell'informazione e quindi di trasformazioni sociali, come abbiamo visto, un forte spazio di possibilita' sperimentali cioe' di zone nelle quali si elaborano nuovi modelli e nuove risposte. Io credo che noi dovremmo cercare di puntare la nostra attenzione su questo tema (anche attraverso una serie di esperienze concrete e di diffusione di queste esperienze, perlomeno di comunicazione all'esterno), cioe' sul fatto che una societa' che non riservi uno spazio di forte liberta' di sperimentazione e di forte liberta' di elaborazione di nuovi stili di vita e' una societa' che si consegna agli appuntamenti dei prossimi decenni con una grande limitazione e quindi rischia di uscire perdente dagli stessi problemi posti dalle nuove trasformazioni. Questo, io, volevo dire.