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IL DEPOSITO DI ESPLOSIVI DEL GRUPPO "LA FENICE" SOTTERRATO A CELLE LIGURE

Nico AZZI, dopo una serie di contatti con personale del R.O.S. Carabinieri, pur senza divenire in alcuna forma un collaboratore e sottolineando sempre l’immutata fedeltà ai propri principi ideologici, ha ritenuto giusto rivelare che un deposito di esplosivo sotterrato del gruppo La Fenice esisteva ancora nell’entroterra ligure, nel territorio del comune di Sanda, non lontano dalla villetta di proprietà di Giancarlo ROGNONI a Celle Ligure.

Tale deposito (da cui provenivano sia i panetti di tritolo utilizzati per l’attentato al treno del 7.4.1973 sia le bombe a mano SRCM lanciate durante la manifestazione in cui fu ucciso l’agente Antonio Marino; int. AZZI, 10.2.1995, f.2), la cui esistenza era nota solo a lui, ROGNONI e Francesco DE MIN e che con ogni probabilità non era stato più toccato dopo l’arresto di AZZI nell’aprile 1973 e la fuga all’estero di ROGNONI, consisteva in tre contenitori di plastica, occultati in una buca di scarsa profondità con assi di legno poste nel fondo della stessa, contenenti detonatori al fulminato di mercurio e bombe a mano SRCM, rubate dallo stesso AZZI presso la Caserma di Imperia ove aveva prestato il servizio militare, alcune munizioni ed esplosivo del tipo ANFO utilizzato nelle cave (int. AZZI, 10.2.1995 ff.3-4 e rapporto del R.O.S. Carabinieri in data 15.10.1994, f.2).

Nico AZZI si era reso anche disponibile a tentare l’individuazione e il recupero di tale deposito, ma il sopralluogo effettuato il 12.10.1994 da lui insieme a personale del R.O.S. dava esito solo parzialmente positivo in quanto, pur essendo stato individuato il casolare ove si trovava il deposito, non era stato più possibile localizzare il punto esatto dell’interramento essendo venuti meno, a oltre vent’anni di distanza, per i numerosi incendi che avevano toccato la zona e per la conseguente modifica della vegetazione, i punti di riferimento ricordati da AZZI.

Si riteneva inoltre inutile proseguire le ricerche con mezzi tecnici sofisticati quali metal-detector sia per la presenza nel terreno di minerali ferrosi, che avrebbero comunque reso lunga e costosa la ricerca, sia perché lo stato di abbandono della zona esclude comunque che l’esistenza del deposito possa costituire un pericolo per l’incolumità di qualcuno.

Francesco DE MIN, sentito in qualità di indiziato in data 18.3.1995, ha ammesso di essere al corrente dell’esistenza del deposito di esplosivo, sostenendo tuttavia di esserne venuto a conoscenza quando il suo allestimento era già avvenuto.

In particolare, nel marzo 1973 quando, poche settimane prima del fallito attentato al treno Torino-Roma, tutto il gruppo aveva partecipato al convegno a Genova del Centro Studi Europa, egli, con la sua autovettura, aveva accompagnato AZZI e ROGNONI sino a Celle Ligure e poi a piedi i tre avevano raggiunto la località isolata ove era stato sotterrato il materiale.

Secondo DE MIN in tale occasione ROGNONI ed AZZI intendevano solo verificare lo stato dei luoghi e controllare che non vi fossero pericoli di deterioramento, cosicchè il gruppo si era limitato a guardare a livello superficiale senza scavare sin nel punto ove si trovavano i contenitori (int. citato, f.2).

Anche Mauro MARZORATI, seppure con toni più sfumati, ha dichiarato di aver appreso, durante un’esercitazione effettuata proprio nell’entroterra di Celle Ligure con ROGNONI, AZZI, DE MIN e altri camerati, che in quella zona esisteva un deposito di esplosivo o qualcosa del genere di pertinenza del gruppo (dep. 31.3.1995, f.2).

Inoltre Biagio PITARRESI ha riferito che, all’inizio degli anni ‘70, ROGNONI gli aveva confidato che nell’entroterra di Celle Ligure era stato sotterrato dell’esplosivo, fornendo a PITARRESI anche gli essenziali punti di riferimento.

Biagio PITARRESI, qualche tempo dopo, si era recato sul posto con un altro camerata per allenarsi all’uso delle armi da fuoco e aveva cercato di individuare il deposito, senza tuttavia riuscirci (dep. 9.9.1986, ff.2-3).

Giancarlo ROGNONI, come prevedibile, ha escluso di sapere alcunché di tale deposito di esplosivo (int. 22.12.1995, f.2), ma la circostanza più interessante in proposito è comunque emersa da un interrogatorio di Martino SICILIANO:

"Io sono stato ospite nella casa di ROGNONI a Celle Ligure per uno o due giorni dopo il mio matrimonio con Ada Giannatiempo, nel 1971.
Nell'occasione ROGNONI mi confidò che, non distante dalla sua casa, verso l'interno di Celle Ligure, in una zona impervia, avevano costituito un deposito di armi ed esplosivi sottoterra.
Faccio presente che la casa di Rognoni a Celle Ligure si trovava alla periferia del paese, verso l'interno, e subito alle sue spalle ci sono le montagne.
Parlai per caso con Bobo LAGNA di questa circostanza ed egli mi disse che non solo non c'era più la casa di Celle Ligure, ma anche che il deposito di esplosivo e munizioni, pur ancora esistente, non era più raggiungibile perché l'assetto del territorio era cambiato e non era più possibile orientarsi.
Bobo Lagna, a Mestre, era colui che si occupava di tenere i contatti con Anna Cavagnoli quando Rognoni era detenuto e quindi anche delle iniziative di aiuto in suo favore ed evidentemente in tale contesto egli aveva appreso del deposito.
Del resto Lagna aveva frequentato a Mestre Pietro BATTISTON che veniva a Venezia con una certa frequenza".
(SICILIANO, int.18.3.1996, f.6).

La circostanza riferita da Martino SICILIANO è assai significativa in quanto, tenendo presente che Bobo LAGNA (deceduto nel 1993) era uno degli uomini di fiducia di Delfo ZORZI, la conoscenza da parte del gruppo mestrino del deposito di esplosivo allestito da Giancarlo ROGNONI e dagli altri milanesi evidenzia ancora una volta la sinergia operativa di antica data fra i due gruppi.

Si aggiunga infine che durante il sopralluogo con il personale del R.O.S. finalizzato ad individuare il punto ove era sepolto l’esplosivo, Nico AZZI aveva fatto agli operanti varie affermazioni di rilievo fra cui il fatto che l’episodio del progettato deposito dei timers nella proprietà di FELTRINELLI corrispondeva a verità (ed egli stesso avrebbe dovuto avere una parte nell’operazione) e il fatto che negli ambienti di destra qualificati fosse notorio che il trasferimento di Delfo ZORZI in Giappone si ricollegasse ad una sua paura di essere coinvolto nelle indagini sulla strage di Piazza Fontana (rapporto R.O.S. citato, 15.10.1994, f.3).

L’utilizzo processuale di tali affermazioni è tuttavia assai problematico in quanto nè queste nè altre sono state formalizzate da Nico AZZI in sede di interrogatorio.

Analoga è la situazione in merito a quanto riferito in seguito da Nico AZZI circa la materiale responsabilità di Delfo ZORZI nell’attentato all’Università Statale di Milano, effettuato anche grazie ad un sopralluogo sull’obiettivo svolto con l’aiuto e la presenza dello stesso AZZI (cfr. nota R.O.S. in data 8.2.1995, f.1).

L’attentato cui ha fatto cenno AZZI, avvenuto il 1°.2.1971, è un episodio di notevole gravità in quanto un potente ordigno aveva devastato alcuni locali nella zona biblioteca e nella zona parcheggio dell’Università, sul lato di Via Francesco Sforza (vol.8, fasc.9).

L’arresto di Nico AZZI nel luglio 1997, nell’ambito dell’indagine nuovo rito, per il reato di testimonianza reticente (arresto peraltro giudicato erroneo dal Tribunale del Riesame in quanto AZZI non poteva rivestire la qualità di testimone, bensì quella di imputato di reati connessi), non sembra certo avere facilitato la formalizzazione processuale di tali elementi e l’unico dato utilizzabile in merito all’attentato all’Università Statale resta, allo stato, la testimonianza di Biagio PITARRESI.

Questi, infatti, ha dichiarato di avere partecipato con altri camerati, pochi giorni dopo il fatto, ad un presidio all’Università Cattolica in quanto si temevano azioni di ritorsione da parte degli studenti di estrema sinistra dell’Università Statale e che nell’occasione Nico AZZI aveva esplicitamente rivendicato a sé e al suo gruppo l’attentato di pochi giorni prima (int. PITARRESI, 9.9.1996, f.3).


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