Date: Wed, 22 Oct 1997 14:29:09 GMT

From: MIFAV@roma2.infn.it

To: T.Tozzi@ecn.org

Subject: RE: Tozzi rinuncia ai soldi del Premio Nazionale Arti Visive "Città di Gallarate" Status:

 

 

Arrivo con un po' di ritardo ma ...

 

Il comunicato realizzato da Tozzi e' irresistibile e spinge all'intervento !

 

"In una mostra sull'immateriale non e' necessario esporre 'oggetti d'arte' "

 

e fino a qui c'e' poco di strano (salvo notare che la frase e' stata scritta da chi si definisce 'artista' ... perche' non piu' semplicemente autore?)

 

continuando la lettura, pero', mi e' sembrato che Tozzi volesse estendere questo suo pensiero a contesti diversi da quello delle sole mostre sull'immateriale.

 

E' qui mi sembra necessario intervenire e commentare.

 

Premesso:

 

a) che su una scala temporale sufficientemente 'lunga' qualsiasi nostra azione, discussione , etc. tendera' a perdere ogni senso, tendera' cioe' a 'virtualizzarsi' fino a scomparire, anche dal mondo dell'immateriale, nonostante tutti i nostri affanni;

 

b) che su una scala temporale piu' contenuta possiamo sperare di intervenire su quella che potremmo definire 'memoria storica' capace di tramandarsi attraverso fattori culturali e genetici (e non tanto come singoli ma piuttosto come collettivita' - somma di azioni individuali);

 

c)che 'ogni' mossa di persone come, per esempio, un Bill Gates ha su tale 'memoria storica' un effetto molto piu' dirompente di tutte le nostre azioni sommate insieme (ditemi, infatti, a quanta gente riuscite realmente a comunicare e trasmettere il vostro pensiero facendovi ascoltare)

 

d) che nell'ambito spazio-temporale ristretto che risulta definito dalle considerazioni precedenti il nostro agire dovrebbe avere come finalita' quella di contribuire alla 'liberazione del cervello' tramite strategie capaci di mantenerne viva e favorirne la plasticita' neuronale (considerazione che emerge anche dal testo di Tozzi benanco immersa in un contesto parzialmente deviante)

 

accolgo con estremo piacere la conversione di Tozzi.

 

Di Tozzi, infatti, a Roma si ricordano le sue esposizioni alla Quadriennale e al Museo Laboratorio della Sapienza in cui il 'surplus' estetico e "il feticcio d'arte' costituivano la parte dominante se non esclusiva dell'intervento. Si ricorda inoltre che invitato dalla nostra 'istituzione' universitaria (tanto 'istituzione' che qualcuno l'ha definita produttrice di 'rave clandestini') per alimentare (durante il convegno "What are you doing after the orgy?") "le relazioni tra persone, istituzioni, e cose che garantiscono ad ogni parte di coevolvere mutualmente, ovvero di trarre benefici dall'essere in connesione con altri" Tozzi ha risposto piu' o meno come Verde: "io non rinuncio ai soldi ... perche' se non mangio non posso portare avanti nessuna attivita' tantomeno alternativa" (lasciamo dunque stare le finanze pubbliche).

 

Dunque Tommaso, benvenuto tra noi, che da tempo impieghiamo i nostri soldi ed il nostro tempo per fornire informazione gratuita, che permettiamo sui nostri computer (strumenti di lavoro) di accedere alla rete, che ci preoccupiamo di fornire formazione gratuita o a bassissimo costo, che ci battiamo (inascoltati dalle forze 'istituzionali' - quelle vere) per la creazione di un centro dedicato alla formazione, alla ricerca ed all'accesso alla comunicazione, per la trasformazione dei musei a 'campi museali' (cioe' a campi di forze capaci di indurre una variazione dello stato di moto e di permettere l'interazione delle parti, problema gia' complesso senza arrivare alla biologia). E' su obiettivi come questo che dovremmo unire le nostre 'forze', puntare a risultati concreti, ad infiltrarci nelle istituzioni . (Ho stima del lavoro di Tommaso e dunque puo' andar bene anche l'archivio di Gallarate, ma chi lo organizza e con quali finalita'? Promuove i vostri lavori in maniera deformata? Questo accade per le opere ma non per l'archivio? Queste sono le domande che credo sia ragionevole porsi e che parzialmente anche Tozzi si pone.

Se le risposte sono soddisfacenti allora bisogna diventare 'operativi' e non mollare sino ad obiettivo raggiunto, non fermarsi ad un'azione dimostrativa).

 

Ancora qualche osservazione:

 

Premesso:

 

e) che da anni sostengo che "l'arte dovrebbe essere fatta dai non artisti";

 

f) che quanto comunemente viene definito 'arte' e' in realta' una fetta del mercato capitalistico;

 

g) che 'l'arte' quella vera e' in realta' comunicazione, dunque uso dei segni e dei media atti a trasmettere il messaggio;

 

sembra ragionevole che la 'prassi quotidiana' non si limiti al solo intervento sui canali mediatici immateriali della rete, ma che interessi anche altri canali dell'informazione che non necessariamente immateriali; volete qualche esempio: il denaro, i manifesti, etc...

D'altronde tutto puo' diventare 'feticcio', compreso l'operare virtuale: c'e' chi paga per avere una password d'accesso ad un'opera definita d'arte. Dunque perche' aver paura. Il feticcio lo si puo' far scomparire solo se si interviene sui processi mentali, se si e' capaci di far comprendere che il trasformare degli oggetti in 'feticci' non ha senso, che, al massimo, sono delle componenti di quella che diventera' la nostra 'memoria collettiva', per la durata ad essa e' riservata (qualche osservazione di questo genere si trova anche nel testo di Tozzi);

Dunque con Verde dico "la presenza fisica e' un atto psicofisico che crea segnali non altrimenti realizzabili"; anche se, francamente, del mercato dell'arte non me ne importa nulla.

 

mi sembra ragionevole investire sulla 'comprensione del messaggio' e quanto osservato da Verde all'inaugurazione e' cio' che ormai si osserva in quasi tutte le manifestazioni dette d'arte (ai vernissage non vado praticamente piu' e le mostre che organizziamo sono mirate alla promozione dei giovani o a stimolare il dibattito su temi di particolare interesse); ma perche' invece di discutere tanto di accesso libero etc. (che peraltro e' importante) non ricomincia-te/mo dalle scuole con una campagna di formazione?

 

Qualche 'warning' ...

 

A proposito qualcuno sa spiegarmi a cosa serve l'estetica (sempre che si riesca a definirla) se non a far giungere alcuni messaggi. Il 'bello' (sapete definirmelo?) puo' tornare utile ed essere funzionale. Cosa significa, dunque, in questo contesto ricerca anti-estetica? Distruzione della comunicazione? Quindi attenzione a confondere l'anti-estetico con anti-retorico! Di nuovo quanto evidenziato da Verde e' il punto: ogni opera, materica o no, funge da "interfaccia" per un messaggio, ed e' sulle interfaccie che e' necessario lavorare (ho dedicato a questo problema uno scritto che uscira' tra breve in rete e su carta sul prossimo numero di F&D)

 

(io non amo le 'istituzioni', mi ci infiltro, ma) distinguere tra il senso delle pratiche messe in atto dagli 'autori' e il modo in cui tali pratiche vengono presentate in ambici creativi istituzionali e' come dire che gli scienziati (visto che vengono citati) che lavorano nelle istituzioni fanno tutt'altra cosa che 'creare' in senso 'artistico' modelli esplicativi e teorie: forse per qualcuno e' vero (ed e' vero che vorrebbero spostare i fini della ricerca verso la direzione indicata da Tozzi) ma vi rendete conto del paradosso ... addio ricerca e progresso scientifico (sempre che interessi) !!

 

non confondete il corpo ultrastimolato con il cervello ultrastimolato: e' quest'ultimo il vero campo di battaglia. Il corpo e' costituito solo da un insieme di sensori e di terminali motori; il 'libero arbitrio' e' frutto dell'organizzazione cerebrale e della sua plasticita', ovvero della capacita' di rispondere autonomomamente ai continui stimoli presentati dall'esterno via-corpo e che hanno come finalita' la modifica del nostro 'brain-frame" (pattern cerebrale) e, alla lunga, della nostra 'memoria genetica'. Dunque, come affermano Alman e Reiff "il corpo e' un ingranaggio del circuito (non smaterializzato pero': i neuroni sono materici) pensiero-scambio e comunicazione".

 

i ragionamenti di Penrose non sempre portano a conclusioni corrette e probabilmente devono essere sottoposti a revisione: le ricerche sull'intelligenza artificiale sono fallite sino ad ora non perche' sia scorretto usare computi e metodi simbolici (almeno non e' stato ancora dimostrato) ma perche' (con molte probabilita') la strategia che vi era sottesa era fasulla (e di nuovo si torna alle ultime ricerche sul funzionamento della rete neuronale); estrapolare da un campo ad un altro puo' essere pericoloso.

 

Con stima per tutti voi, ma francamente con la speranza che il circolo si allarghi

Carlo Giovannella