Date: Sun, 30 Nov 1997 21:50:30 +0100

To: arti-party@breton.dada.it

From: Tommaso Tozzi <T.Tozzi@ecn.org>

Subject: Re: Ne' fiori, ne' opere

Cc:

Bcc:

X-Attachments:

 

Antonio Caronia ha scritto:

 

>"rappresentare", perche' questa caratteristica non se la attribuisce l'individuo, e' una decisione, implicita o esplicita, di altre forze che il suo agire comunicativo mette in moto. (...)

>se una

>collettività di persone che mi conoscono e mi apprezzano mi dichiarano "rappresentativo" di qualcosa, è la stessa cosa? Piu' precisamente: sottolineare la bellezza, la profondità, l'interesse, la pertinenza, la rilevanza (o qualsiasi altro valore) del lavoro di un individuo, equivale automaticamente ad abbracciare una concezione dell'arte e della cultura come prodotti di genii individuali? E' incompatibile con una concezione dell'arte e della cultura come processo collettivo e coevolutivo enunciata da Tommaso (e che io sostanzialmente condivido)?

 

Massimo rispetto per Antonio Caronia di cui ancora una volta stimo l'acume intellettuale.

 

E' naturale che io non posso affermare cio' che io rappresento per il mondo, ma deve essere il mondo a farlo. Nel nostro caso specifico direi che e' preferibile parlare di categorie 'comunitarie' anziche' universali e dunque non scomodare il mondo ma limitarsi a quella parte del mondo che conosce, partecipa o e' comunque coinvolto nel problema. In particolare a quella ulteriore sottoparte che oltre a essere coinvolta ne ha la consapevolezza ed infine ha la possibilita' di mostrare una volonta' di giudizio in riguardo. Questo e' per sottolineare che potrebbe esistere una categoria di enti coinvolti ma non in grado di operare un giudizio in riguardo o perche' non consapevoli, o perche' non in grado di entrare in comunicazione con noi, o forse perche' non sono interessati al farlo. Una volta ridotto drasticamente in questo modo il numero degli enti partecipanti alla discussione, di cio' che rimane ognuno e' presumibilmente responsabile individualmente e dunque non puo' esistere un limite alle affermazioni di chiunque su chi egli consideri rappresentativo di questo o quest'altro. Sara' infatti la comunita' in modo spontaneo a far emergere attraverso le dichiarazioni di tutti dei 'principi categorici' che fungano da "limite" all' "interpretazione" individuale. Queste zone sfocate di riconoscibilita' di un'intesa nella contrattazione sono quelle per cui se tu parli di un 'tavolo' io presumibilmente ne afferro la 'sostanza' e non la fraintendo con quella di una 'sedia'. Il bello di una comunita' e' altresi' che per essa tali principi categorici possono improvvisamente subire mutazioni e cambiarne la designazione. Questo in particolare nel 'nostro' ideale di comunita' aperte, ma piu' in generale ritengo che sia un meccanismo naturale ed evolutivo della vita.

 

Dunque presumo che sia corretto che tu faccia le tue affermazioni ed io, in modo sincero, le mie su tale presunta rappresentativita' di questo o quell'altro rispetto all'arte interattiva in Italia. Come daltronde fai notare te il problema e' su chi fa tale affermazione, o forse ancora meglio su come sono impostate le relazioni sociali all'interno di una comunita', ovverosia se vi siano delle voci al suo interno che hanno una maggiore autorevolezza di altre. Nel caso della societa' in cui viviamo i mass-media hanno un maggior grado di imporre (per quanto solo nell'immediato, non dunque a lungo termine) la veicolazione di un'affermazione fatta al loro interno. Dunque per rispondere alla tua domanda direi che il problema non puo' essere risolto modificando le affermazioni, ma i cosiddetti "pesi sulle connessioni", o per essere piu' chiaro il grado di verticalita' dei mass-media. Questo e' quello che mi sembra il tuo come il mio sforzo costante e dunque ritengo che, al di la del dichiarare quello o quell'altro piu' o meno rappresentativi, ci si stia muovendo in direzioni analoghe.

 

Con il massimo mutualismo ;-)

Tommaso