ARS ELECTRONICA FESTIVAL 2001: TAKEOVER

Verso il futuro dell’arte?

Linz, 1-6 Settembre 2001


TakeOver - Who’s doing the art of tomorrow? è stato il tema dell’Ars Electronica Festival 2001, ventesima edizione del Festival di arti elettroniche che si è svolta nei giorni 1-6 settembre a Linz, in Austria.

L’Ars Electronica Festival esiste dal 1979 ed è oggi ancora considerato il più importante appuntamento internazionale per chi è interessato alla sperimentazione artistica che fa uso degli strumenti digitali.

Nella settimana in cui avviene il festival, la tipica cittadina austriaca di Linz si trasforma, e diviene il punto di incontro di artisti, studiosi, performer, virtuosi del computer, che si danno appuntamento nei numerosi luoghi adibiti all’evento (musei, sale congressi, università, le stesse strade di Linz…). Ci si ritrova immersi in una straniante miscela di ambientazioni digitali, sperimentazioni virtuali, cyber-performance, suoni e spazi futuristici, associati all’immobilità del Danubio, l’ordine e l’organizzazione di una piccola città austriaca.

La prima volta che si visita l’Ars Electronica Festival si prova una sensazione particolare, soprattutto se fino a quel momento non si ha ancora avuto modo di “toccare con mano” le cosiddette opere di arte digitale, che prendono forma nelle installazioni interattive, negli ambienti di simulazione virtuale (CAVE), nella possibilità di visionare numerosi lavori di .net art di alta qualità. Durante le prime esperienze, che ci sono spesso negate in Italia per mancanza di fondi e adeguata cultura d’avanguardia, si è decisamente inclini ad abbandonarsi ad un certo “delirio percettivo”, anche perché l’organizzazione di un evento come l’Ars Electronca Festival è di ottimo livello dal punto di vista tecnologico, logistico e strutturale (il Festival è curato da Gerfried Stocker). E’ sicuramente quindi un evento di notevole interesse non solo per chi lavora nel settore, ma anche per coloro che si affacciano per la prima volta a certe tematiche.

Quando comunque si diventa un po’ più consapevoli e ci si chiede il significato di certe opere e, soprattutto, la finalità di queste, si scopre che molto spesso dietro ad una complicata architettura tecnologica e sognanti descrizioni delle opere, si cela una pesante mancanza di contenuti. Un esempio. Nel centro di Linz, sulle rive del Danubio, vi è il cosiddetto “museo del futuro”, l’Ars Electronica Center, un edificio di cinque piani dal design avanguardistico, in cui sono esposte numerose installazioni di alto livello tecnologico, totalmente cablato in fibra ottica, laboratorio di sperimentazione digitale e importante archivio di opere elettroniche. Quest’anno, la componente percettiva del linguaggio e degli strumenti elettronici era fortemente considerata in ogni opera: era molto evidente la possibilità performativa offerta dai nuovi media, che punta a rendere lo spettatore di un’opera l’attore concreto, incentiva la manipolazione e l’ibridazione delle forme del linguaggio, puntando a far interagire costantemente l’individuo per farlo co-autore di un processo artistico sempre in corso. Si poteva giocare con le lettere, le frasi, addirittura costruire ambienti sensibili attraverso le parole, ma spesso non si riusciva a capire quale fosse lo scopo ultimo di queste notevoli possibilità “performative”. Ovviamente si sarebbe potuto parlare per ore della rivoluzione che il digitale sta portando avanti sul nostro modo di intendere e percepire la scrittura, gli oggetti di uso comune trasformati in icone virtuali, ma questi argomenti non sono certo nuovi per un museo del futuro…e soprattutto per una rassegna che si chiama “Takeover” e si interroga sul futuro dell’arte…

Sicuramente interessante era l’installazione Apartment di Marek Walczak, Martin Wattenberg, Jonathan Feinberg (USA), che permetteva di dare forma “fisica” alle informazioni digitali e di trasformare le parole (scritte da più utenti contemporaneamente in una scrivania digitale) in configurazioni spaziali, andando a costruire degli ambienti sensibili navigabili. Interessante era notare la corrispondenza fra le parole e gli spazi vitali di un appartamento: per esempio, scrivendo “body”, si dava alla parola un’icona, che veniva inserita in un certo ambiente di vita (per es. “bedroom”), visibile su un grande schermo. Scrivendo le diverse parole, si costruivano collettivamente gli spazi vitali, dando anche prova di come certi elementi sono associati a livello culturale a certi spazi. Oppure di gran complessità tecnologica erano le installazioni Get in Touch del Prof. Hiroshi Ishii e del suo Tangible Media Group del MIT (Massachusetts Institute of Technology), che permettevano di giocare sull’interazione uomo-macchina e sulle nuove possibilità offerte alla nostra percezione, però senza operare alcuna riflessione ulteriore, che avesse una finalità più allargata a livello contenutistico.

Allo stesso modo, visitando la Brucknerhaus, l’edificio sull’altro lato del Danubio rispetto all’AEC, si notava una gran volontà di investire dal punto di vista tecnologico senza dar troppa enfasi al concept delle opere, che quest’anno erano notevolmente ridotte rispetto al passato.

Più interessanti sono state invece le performance serali, soprattutto il concerto di Ryoji Ikeda - artista che ha infatti vinto il 1°premio per la categoria Digital Music del prestigioso Prix - per cui valeva decisamente la pena essere presenti a questa edizione del Festival. Di fronte ad un grande schermo, lo spettatore (si poteva realmente chiamare così?), veniva assalito da frequenze minimali e da immagini che miscelavano luci stroboscopiche a matrici di codici ipnotizzanti, vivendo una profonda esperienza corporea, decisamente coinvolgente dal punto di vista sensoriale.

Altro esperimento interessante per la sua originalità, ma certamente meno entusiasmante del concerto di Ikeda, la performance Dialtones: A Telesymphony di Golan Levin (USA) e il suo staff. Il suono di questo “concerto” veniva prodotto dal coordinamento sinfonico dei cellulari forniti al pubblico per la performance, che erano mixati dagli autori e convertiti in effetti luminosi visibili su un grande schermo. Sicuramente una performance che rispecchia bene l’attualità e che esprime in chiave insolita un aspetto ormai facente parte della nostra vita quotidiana, come il suono dei cellulari: sarebbe stato forse più interessante se si fosse permessa una maggiore spontaneità al pubblico, i cui cellulari erano “richiamati” dagli autori, che in questo modo potevano controllarne i suoni in maniera melodica. L’interazione era quindi presente, ma piuttosto unidirezionale, mentre la forza di certi strumenti è proprio quella di permettere la partecipazione collettiva del pubblico.

Questo elemento era invece molto forte in un’altra performance serale, A sophisticated soirée (www.sophisticatedsoiree.com), attuata dal gruppo 91v2.0 (A/D) presso l’O.K. Centrum nell’ambito della rassegna Cyberarts 2001- Prix Ars Electronica Exhibition. In una atmosfera soffusa e rilassata, 64 persone venivano dotate di elettrodi adesivi, capaci di rilevare il personale battito cardiaco (bit per minuts), contemporaneamente convertito in codici ascii, immagini video e musica elettronica. Le lucine gialle o rosse che si accendevano sul proprio apparecchio dotato di elettrodi, stavano a testimoniare la medesima frequenza dei battiti fra i partecipanti (luce gialla) e il parallelismo dei loro battiti (luce rossa), in modo da creare una comunità in base ai battiti cardiaci fra persone di provenienza internazionale. Il progetto, ispirato agli scritti di Neal Stephenson, ha secondo me in parte coperto il vuoto contenutistico proprio di quelle opere prevalentemente basate sulla sperimentazione tecnologica. Dico “in parte” perché questa componente non era così evidente, pur se comprensibile: puntava infatti a superare l’idea degli stati nazionali, dei confini, portata avanti dalla politica austriaca attuale, per ipotizzare una società senza frontiere, in cui i legami comunitari fra le persone sono determinati dal proprio battito cardiaco.

La componente più politica e critica verso lo stato dell’arte, della comunicazione e della società in generale, non si è trovata nei numerosi seminari messi in atto nella Brucknerhaus - di cui il più critico è stato a mio parere quello di Oliviero Toscani -, tutti orientati prevalentemente alla commercializzazione dei prodotti multimediali, ma nell’università di Linz (Kunstuniversität). Qui, fra gli altri appuntamenti, si è svolto un interessante meeting fra le radio indipendenti tedesche, promosso da radio Fro - la radio indipendente austriaca, www.fro.at: si sono incontrati diversi esponenti delle radio dell’Austria, Germania e Svizzera, allo scopo di creare un network collettivo e una contaminazione fra i rispettivi programmi via etere (erano presenti, oltre a radio Fro, attivisti di Indymedia, radio Z, radio Helsinki, Radioqualia, Klubradio, radio Zinzine e altri). Web site: www.radiofabrik.at/hoerfestival.

Sempre all’Università di Linz, il giorno 4 settembre, nell’ambito di diversi incontri fra realtà e media indipendenti, sono intervenuti in un panel anche gli esponenti della VolxTheaterKarawane (www.no-racism.net/nobordertour), i teatranti austriaci presenti ai cortei dello scorso G8 a Genova (e arrestati con l’accusa di essere in possesso di armi - i loro strumenti di scena), parlando delle loro pratiche artistiche e della loro esperienza in carcere in Italia, riflettendo su quanto è accaduto durante quei giorni. Nello stesso giorno, un attivista italiano (Jaromil) ha riportato le principali notizie relative al movimento telematico nostrano, citando realtà indipendenti e di coordinamento come Isole Nelle Rete (www.ecn.org), il collettivo Autistici/Inventati (www.autistici.org - www.inventati.org), il sito della pratica telematica Nerstrike oggetto di recente censura (www.netstrike.it).

Purtroppo gli incontri nell’Università, pur essendo inseriti nel programma, non hanno avuto la visibilità che meritavano: è stato comunque molto interessante constatare come in Austria sia di uso comune dare spazi e voce - in un evento importante come l’Ars Electronica Festival -, anche alle realtà indipendenti e del dissenso, che nel nostro paese sono invece spesso osteggiate e mal interpretate.

Meno opere e più dibattiti: quest’anno e’ stato prevalentemente un Festival di riflessione, anche considerando la domanda - troppo - impegnativa che voleva essere il filo conduttore della rassegna: Qual è l’arte di domani e chi saranno i suoi protagonisti? Una domanda che è rimasta aperta, fortunatamente…proprio perché la componente “artistica” di un’opera è proprio quell’elemento vitale che difficilmente si può decidere a tavolino. A maggior ragione se si discute di un’arte che sia pratica reale, un processo aperto che il digitale favorisce, incentivando gli utenti a vivere esperienze collettive e a fare network.

ARS ELECTRONICA FESTIVAL 2001: www.aec.at/takeover
ARS ELECTRONICA CENTER: www.aec.at

Anche quest’anno, durante il Festival si è svolto il Prix, che assegna un prestigioso premio (il Golden Nica), ai vincitori appartenenti alle diverse categorie:
Computer Art, Digital Music, Interactive Art, Net Vision/Net Excellence, Cybergeneration - u19 freestyle computing.

Questo, l’elenco dei vincitori:

Computer Animation/Visual Effects
Xavier de l'Hermuzière, Philippe Grammaticopoulos (France): "Le Processus"

Digital Musics
Ryoji Ikeda (Japan): "Matrix"

Interactive Art
Carsten Nicolai, Marco Peljhan (Germany/Slovenia): "Polar"

Net Vision/Net Excellence
Team cHmAn (France): "Banja, the online game" http://www.banja.com
Joshua Davis (USA): "|P|R|A|Y|S|T|A|T|I|O|N|" http://www.praystation.com

cybergeneration - u19 freestyle computing
Markus Triska;Langenzersdorf (Lower Austria): "JIND"
http://triskam.virtualave.net/jind.html