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I REATI DI FAVOREGGIAMENTO E DI UTILIZZO DI DOCUMENTI FALSI CONNESSI ALLA LATITANZA DI CARLO DIGILIO ED ETTORE MALCANGI

I reati indicati ai capi da 27 a 30 dell’elenco delle imputazioni sono collegati al periodo della latitanza di Carlo DIGILIO ed Ettore MALCANGI a Villa d’Adda e vedono coinvolti anche Lorenzo PRUDENTE ed Enrico CARUSO, estremisti di destra milanesi già legati a Gilberto CAVALLINI, che erano stati tra i frequentatori della villetta abitata dai latitanti.

Per quanto concerne i reati di ricettazione e falso di cui al capo 27 di imputazione, Ettore MALCANGI, in procinto di lasciare per primo Villa d’Adda alla volta di Santo Domingo, si era premurato di procurare a DIGILIO due passaporti italiani e una carta di identità (int. MALCANGI, 2.10.1995, f.3; int. DIGILIO, 18.10.1995, f.3).

Carlo DIGILIO, assai abile anche nella falsificazione e alterazione di documenti, aveva poi completato uno dei due passaporti prima di partire a sua volta per Santo Domingo.

Il problema dei dati che dovevano figurare sul passaporto era stato risolto grazie a Lorenzo PRUDENTE, il quale aveva fornito a DIGILIO i dati di una persona, più o meno della stessa età di DIGILIO, che aveva rilevato da una pratica della TORO ASSICURAZIONI di cui PRUDENTE era all’epoca funzionario (int. PRUDENTE, 6.9.1995, f.4; int. DIGILIO, 18.10.1995, f.3).

Lorenzo PRUDENTE, per aiutare il camerata, aveva quindi utilizzato lo stesso canale già emerso nel procedimento celebrato a carico dello stesso PRUDENTE, di Pasquale GUAGLIANONE e degli altri camerati della rete di appoggio logistica milanese al gruppo di Gilberto CAVALLINI, fornendo in particolare ai latitanti dei N.A.R. i tagliandi assicurativi falsi, ma compilati su moduli della TORO ASSICURAZIONI, che il gruppo aveva utilizzato per le autovetture di cui disponeva.

Il passaporto così compilato è quello a nome Piero MARTINELLI, sequestrato a Carlo DIGILIO al momento del suo arresto a Santo Domingo nel 1992 e di cui si è ampiamente parlato nella sentenza-ordinanza conclusiva dell’istruttoria 721/88F.

Al momento della conclusione di tale prima istruttoria, Carlo DIGILIO non si era ancora risolto a dire chi lo avesse aiutato nella prima parte della sua fuga da Villa d’Adda e cioè nel tragitto sino a Zurigo ove si sarebbe poi imbarcato per Santo Domingo.

Tale aspetto della fuga era quindi rimasto oscuro e non a caso si ricollega ad una fase processuale in cui DIGILIO non aveva ancora ammesso in alcun modo i rapporti intrattenuti, inizialmente tramite il dr. MAGGI, con i componenti del gruppo CAVALLINI.

A seguito di una prima indicazione proveniente da Ettore MALCANGI in merito alla presenza di PRUDENTE a Villa d’Adda e all’aiuto anche economico fornito tramite questi (int. MALCANGI, 2.10.1995, f.2), Carlo DIGILIO, iniziando così a spiegare i suoi rapporti con le persone vicine a Gilberto CAVALLINI, ha raccontato di essere stato accompagnato sino a Ponte Chiasso a bordo di un’autovettura guidata da Lorenzo PRUDENTE, di aver attraversato il confine a piedi in quanto meno pericoloso e di essere stato recuperato da PRUDENTE dopo le sbarre di frontiera e accompagnato sino a Zurigo (int. 18.10.1995, ff.1-2).

Il racconto di Lorenzo PRUDENTE in merito a tale ulteriore aiuto fornito è assolutamente coincidente (int.6.9.1995, ff.3-4) e in sostanza egli , in tale occasione, aveva svolto il medesimo ruolo emerso nel procedimento appena citato a carico degli appoggi milanesi di Gilberto CAVALLINI, e cioè l’accompagnamento oltre confine, in quanto persona "pulita" di Pasquale BELSITO, Cristiano FIORAVANTI, dello stesso CAVALLINI e di altri esponenti latitanti dei N.A.R.

Non molto diversa è la vicenda della cessione a DIGILIO dei due documenti argentini già appartenuti ad oppositori del regime politico esistente all’epoca in tale Paese (capo 30 di imputazione).

Ettore MALCANGI aveva ricevuto tali documenti, già appartenuti a oppositori eliminati dalla Giunta argentina, da esponenti dei servizi segreti uruguayani con cui era da tempo in contatto.

Al momento della partenza per Santo Domingo li aveva ceduti a Carlo DIGILIO (int. MALCANGI, 2.10.1995, ff.1-2; 17.10.1995, f.2).

Carlo DIGILIO aveva tuttavia deciso di non utilizzarli per seguire il suo camerata a Santo Domingo in quanto, non conoscendo all’epoca la lingua spagnola, temeva di trovarsi in difficoltà nel caso di un controllo e di essere invece individuato quale persona differente da quella che appariva sui documenti e aveva così deciso di utilizzare i documenti italiani intestati a Piero MARTINELLI (int. DIGILIO, 6.11.1995, ff.1-2; int. MALCANGI, 17.10.1995, f.2).

In quel periodo tuttavia, all’inizio del 1995, a Villa d’Adda si era presentato Enrico CARUSO, che a Milano, negli anni ‘70, aveva condiviso con CAVALLINI la militanza nell’estrema destra ed era stato condannato per l’omicidio dello studente di sinistra Alberto BRASILI.

Enrico CARUSO, in quel momento in semilibertà, aveva deciso di fuggire e di raggiungere anch’egli Santo Domingo e, avendo bisogno di documenti, aveva ricevuto da Carlo DIGILIO uno dei due passaporti argentini che aveva anche completato apponendovi i timbri e la sua fotografia (int. CARUSO, 23.8.1995, f.3, e 14.9.1995, f.3; dep. GAVAGNIN, 10.12.1993, f.1; int. PRUDENTE, 6.9.1995, f.3; int. DIGILIO, 6.11.1995, f.2, il quale però ha riferito, probabilmente non esattamente, che il documento era stato fornito a CARUSO direttamente da Ettore MALCANGI).

Enrico CARUSO, una volta raggiunta Santo Domingo insieme a GAVAGNIN, aveva restituito a Carlo DIGILIO il passaporto argentino (int. CARUSO, 23.8.1995, f.3).

Si noti che il canale di acquisizione dei nominativi che servivano per i vari documenti falsi di cui Enrico CARUSO si era servito anche negli anni successivi era la palestra di arti marziali OLIMPIA di Milano, frequentata anche da Lorenzo PRUDENTE (int. CARUSO, 23.8.1995, f.4) e in cui molti anni prima, intorno al 1970, si addestrava Biagio PITARRESI, nel periodo in cui alcuni veneziani, fra cui Delfo ZORZI, venivano anch’essi a Milano per incontri di arti marziali (dep. PITARRESI, 9.5.1995, f.6).

Tale circostanza testimonia la stabilità nel tempo e la circolarità dei rapporti fra gli elementi dell’estrema destra pur appartenenti a settori politici ed aree apparentemente diverse.

Merita anche di essere ricordato che tutte le persone entrate in contatto con DIGILIO durante la sua latitanza hanno ricordato la bravura vantata da DIGILIO nell’approntare silenziatori utilizzando tubi di metallo con all’interno feltrini e mollette (int. MALCANGI, 2.10.1995, f.4; int. CARUSO, 28.8.1995, f.4; int. PRUDENTE, 6.9.1995, f.4) e dichiarazioni nello stesso senso sono state raccolte da molti altri testimoni fra cui Martino SICILIANO.

Carlo DIGILIO, stranamente, pur avendo confessato la sua partecipazione a gravissimi episodi, ha più volte dichiarato di non essere mai stato in grado di fabbricare personalmente silenziatori, pur avendo molte volte controllato e verificato il funzionamento di quelli che pervenivano al gruppo da Roberto ROTELLI e da altre fonti (int.6.11.1995, f.3).

Si tratta di una negazione singolare, collegata alle molte incertezze di Carlo DIGILIO in merito all’assunzione di alcune responsabilità e il cui significato potrà forse essere meglio approfondito in futuro.

Chiariti comunque, in questa seconda fase dell’istruttoria, gli ultimi punti oscuri connessi alla latitanza di Carlo DIGILIO e come richiesto dal Pubblico Ministero, Ettore MALCANGI deve essere rinviato a giudizio per rispondere dei reati di cui al capo 28, Lorenzo PRUDENTE per rispondere dei reati di cui ai capi 29 e 30, lo stesso MALCANGI, DIGILIO e CARUSO per rispondere dei reati di cui al capo 31, in quanto per tali capi la prescrizione è stata tempestivamente interrotta e non ne sono quindi decorsi i termini.


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