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LE DICHIARAZIONI DI VINCENZO VINCIGUERRA RELATIVE ALL’ "OPERAZIONE" DEL 12.12.1969

LA MANIFESTAZIONE DEL M.S.I. E DI ORDINE NUOVO INDETTA A ROMA PER IL 14.12.1969

 

Vincenzo VINCIGUERRA ha reso a questo Ufficio, fra il 1991 e il 1993, una serie di interrogatori in cui egli ha ritenuto di fornire alcuni elementi di conoscenza in suo possesso utili a ricostruire la storia di quella che egli stesso ha definito l’"operazione" del 12.12.1969.

Si tratta di elementi di conoscenza appresi in parte nella prima fase della sua militanza nella struttura di Ordine Nuovo, e precisamente nella cellula di Udine di cui facevano parte Carlo CICUTTINI e Ivano BOCCACCIO, e in parte nella seconda fase di tale militanza quando egli, per non essere tratto in arresto per il fallito dirottamento di Ronchi dei Legionari in cui Ivano BOCCACCIO aveva trovato la morte, aveva raggiunto la Spagna e si era unito al gruppo di latitanti gravitanti intorno a Stefano DELLE CHIAIE, proseguendo poi la sua attività politica in Avanguardia Nazionale anche in Sud-America e durante i periodi di rientro clandestino in Italia.

In relazione a molte delle notizie che egli ha ritenuto di rendere note nel corso degli interrogatori, talvolta ampliando in tale sede spunti o concetti già accennati in documenti o libri da lui scritti e pubblicati anche nel normale circuito editoriale, Vincenzo VINCIGUERRA ha ritenuto di non rendere comunque noto il nome della fonte, non intendendo mettere in difficoltà e magari coinvolgere in procedimenti penali camerati sulla cui onestà e buona fede non erano mai sorti dubbi durante la militanza e quindi diversi da quelli risultati collusi con apparati dello Stato i cui nomi, invece, potevano essere indicati senza remore.

Tale scelta, del tutto spiegabile in un’ottica di "militante rivoluzionario" quale si è sempre considerato e si considera VINCIGUERRA, ha certamente in parte ridotto la portata processuale delle sue dichiarazioni, ma di certo non l’ha annullata in quanto si tratta pur sempre di notizie ricevute in un contesto di affidabilità reciproca fra i due interlocutori all’interno di una ristretta cerchia di persone e di conseguenza tali notizie, indipendentemente dall’indicazione della specifica persona che ne è stata la fonte ed integrate dalle altre la cui fonte VINCIGUERRA ha invece reso nota, rimangono dati coerenti e processualmente utilizzabili.

Ad avviso di questo Ufficio, la figura di Vincenzo VINCIGUERRA e il suo peculiare comportamento all’interno del mondo di estrema destra sono stati efficacemente scolpiti in un passaggio della relazione che nel 1994 ha concluso i lavori della Commissione Parlamentare sulle stragi all’interno dell’ XI Legislatura, passaggio che per la sua precisione merita di essere riportato:

"....Questi, però, non si ritiene (e non è) un "pentito" o un dissociato.
Infatti Vincenzo VINCIGUERRA ha sempre premesso di non essere disposto a rivelare tutto quanto a sua conoscenza e, in particolare, non è mai stato disposto a fare rivelazioni che direttamente o indirettamente portassero all’individuazione di responsabilità penali di persone che professassero le sue stesse idee politiche, così come si è sempre riservato il diritto di scegliere il momento in cui rivelare le notizie in suo possesso.
D’altro canto, VINCIGUERRA non ha chiesto attenuazioni di pena, accettando di scontare l’ergastolo irrogatogli e in questo modo si è, per così dire, pagato il diritto di rivelare quello che ritiene opportuno nel momento che reputa adatto.
Ovviamente questo ha ridotto considerevolmente la portata della collaborazione di VINCIGUERRA che resta, comunque, il caso più rilevante di collaborazione con la Giustizia su questo versante delle indagini..."

Quindi, pur non essendo VINCIGUERRA tecnicamente un collaboratore, è certo che egli, dal suo punto di vista essenzialmente storico e politico, ha contribuito in modo significativo a ricostruire alcuni passaggi della strategia della tensione.

L’attendibilità di Vincenzo VINCIGUERRA risulta decisamente avvalorata dal venir meno, con le indagini di questi ultimi anni, dell’ipotesi prospettata dal G.I. di Venezia, dr. Casson, secondo cui l’attentato di Peteano sarebbe stato in qualche modo connesso, forse sotto il profilo dell’esplosivo utilizzato, al deposito NASCO di Aurisina dell’organizzazione GLADIO e lo stesso VINCIGUERRA, lungi dall’essere un nazional-rivoluzionario puro e coerente, sarebbe stato legato a GLADIO o, come altri ordinovisti, a qualche altro apparato istituzionale e di conseguenza l’attentato da lui commesso non sarebbe stato un gesto di attacco diretto contro lo Stato, unico in tale settore e quasi parallelo alle azioni delle Brigate Rosse, ma parte, sin dall’origine, della strategia della tensione e delle sue oscure connivenze (cfr. ordinanza del G.I. di Venezia in data 24.2.1989 nel procedimento Peteano-ter, ff.9 e ss., vol.27, fasc.2).

Mai una ricostruzione così infondata, sfornita non solo di qualsiasi elemento di prova, ma anche di qualsiasi dato indiziario, è stata così cara al mondo dei mass-media, soprattutto all’inizio degli anni ‘90, all’emergere del "caso GLADIO", tanto da essere ancora oggi riportata meccanicamente ogniqualvolta, nell’ambito di commenti ricostruttivi, viene rievocato l’attentato di Peteano.

L’effetto di tale ingiustificato ed erroneo collegamento è stato nefasto in quanto è stato una delle ragioni non ultime per le quali VINCIGUERRA, limitando così la portata delle sue dichiarazioni, ha ritenuto che non fosse possibile alcuna forma di completa ricostruzione, da parte sua, degli anni della strategia della tensione di fronte ad una Autorità Giudiziaria.

Egli infatti ha più volte, e non a torto, sottolineato che non era possibile individuare, se non in modesta parte, nell’Autorità Giudiziaria, e quindi nello Stato, un interlocutore credibile se la sua posizione e la sua scelta di vita venivano, anche a livello dei mass-media, radicalmente rovesciate, trasformandolo da combattente rivoluzionario, che in nome di un ideale si era risolto ad una scelta estrema contro rappresentanti dello Stato (e perdipiù Carabinieri, all’epoca sovente "cobelligeranti" della destra), in uno dei tanti soggetti collusi e condizionati dagli apparati dello Stato e dalle sue strategie.

L’ipotesi fatta propria dal G.I. di Venezia è venuta meno per due ordini di ragioni.

In primo luogo, nonostante l’audizione in questi ultimi anni e nelle più varie istruttorie di centinaia di imputati e di testimoni appartenenti alle aree più diverse dell’estrema destra nonché ai servizi di sicurezza, non è stato acquisito il minimo elemento che indichi un collegamento fra il gruppo udinese di Ordine Nuovo, di cui VINCIGUERRA faceva parte, e GLADIO e, in verità, neanche fra tale ultima organizzazione e la struttura veneta di Ordine Nuovo nel suo insieme.

In secondo luogo è venuta meno l’ipotesi di un collegamento fra il NASCO di Aurisina e l’attentato di Peteano tramite l’eventuale provenienza dal deposito di GLADIO, scoperto nel 1972, dell’esplosivo e dell’accenditore a strappo utilizzati per allestire a Peteano la trappola contro i Carabinieri, ipotesi avanzata dal G.I. di Venezia (cfr. ordinanza citata, ff.9-10 e 13 e ss.).

Per quanto concerne l’esplosivo, infatti, la perizia ha evidenziato che quello utilizzato per l’ordigno era esplosivo civile da cava (e non l’esplosivo militare del tipo "C4" presente nei NASCO) e perdipiù VINCIGUERRA ha spiegato con abbondanza di particolari e dettagli come egli se lo sia procurato, nell’estate del 1970 insieme ad alcuni camerati anche originari della zona, sull’altipiano del Piancavallo, rubandolo da una baracchetta del tutto incustodita di una ditta che stava effettuando lavori di sbancamento (int. 13.1.1992, ff.3 e 4, e, anche su delega del G.I. di Venezia, int.27.3.1992, ff.1 e 3).

Tale episodio, confrontando i particolari forniti da VINCIGUERRA e gli esiti degli accertamenti esperiti dalla Digos di Venezia (cfr. annotazioni in data 13.2.1992, 27.2.1992 e 4.5.1992, vol.27, fasc.2), è facilmente individuabile nel furto subìto nel luglio del 1970 dall’impresa "Avianese" che stava effettuando lavori nella zona (e proprio sulla strada sterrata indicata da VINCIGUERRA) e che nulla, ovviamente, aveva a che fare con GLADIO.

Per quanto concerne l’accenditore a strappo, l’ipotetico collegamento si basava sul fatto che dal NASCO di Aurisina erano risultati mancanti due accenditori a strappo e che uno strumento analogo, utilizzato normalmente per il sabotaggio, era stato utilizzato per far esplodere, al momento dell’intervento della pattuglia dei Carabinieri, l’ordigno nascosto a Peteano nella FIAT 500.

A parte la circostanza che non vi era alcuna prova , nemmeno generica o indiziaria, che l’accenditore utilizzato a Peteano fosse uno dei due mancanti da Aurisina, il collegamento si basava sull’esilissima circostanza secondo cui nessun accenditore a strappo od oggetto similare era mai stato rinvenuto in alcuna zona del Friuli-Venezia Giulia (cfr. ordinanza citata, f.10) e quindi tale accenditore, definito strumento di difficile reperimento, doveva "necessariamente" provenire dal NASCO di Aurisina.

L’assunto di partenza è però del tutto erroneo in quanto da una semplicissima ricerca è emerso che proprio a Udine, il 31.3.1971, poco più di un anno prima dell’attentato di Peteano, erano stati rinvenuti, insieme ad esplosivo e ad altro materiale, ben 50 accenditori a strappo di cui qualche gruppo appartenente alla malavita politica o comune si era evidentemente liberato (cfr. nota della Digos di Trieste in data 29.4.1993, vol.27, fasc.6, ff.21 e ss., e accertamenti di polizia scientifica, ff.3-4).

Caduta, quindi, ogni ipotesi di collegamento fra l’attività di Vincenzo VINCIGUERRA e apparati istituzionali di qualsiasi natura (circostanza questa che, insieme all’assoluta mancanza di ricerca di benefici processuali, dà alle sue dichiarazioni piena affidabilità), è possibile passare ad illustrare gli elementi di conoscenza relativi alla strage di Piazza Fontana che egli ha inteso fornire negli interrogatori resi a questo Ufficio fra la primavera 1991 e la primavera 1993.

Ecco in sintesi gli elementi contenuti nelle dichiarazioni di Vincenzo VINCIGUERRA:

- Sul piano generale VINCIGUERRA ha innanzitutto confermato quanto già dichiarato sin dal 9.8.1984 al G.I. di Bologna, poco tempo dopo avere rivendicato la propria responsabilità per l’attentato di Peteano e cioè che il baricentro della struttura stragista al servizio degli apparati dello Stato si trovava in Veneto e in Lombardia, pur dipendendo dalla struttura centrale di Ordine Nuovo di Roma e ne facevano parte i militanti responsabili e operativi della varie cellule: fra gli altri MAGGI e ZORZI a Venezia; SOFFIATI e il colonnello SPIAZZI a Verona; l’intero gruppo di FREDA e FACHINI a Padova; NEAMI, PORTOLAN e BRESSAN a Trieste; Roberto RAHO a Treviso; ROGNONI a Milano; Cristano DE ECCHER a Trento; con agganci minori a Mantova, a Rovigo e in Carnia (int. 4.10.191, f.2).

Tale gruppo di persone era rimasto in stabile collegamento sin dagli anni ‘60, formando una struttura politicamente ed umanamente omogenea e, anche al momento del rientro di Ordine Nuovo nel M.S.I. , aveva mantenuto all’interno del Partito la propria identità e le proprie capacità operative.

Solo l’attentato di Peteano (concettualmente non una strage, ma un’azione di guerra), compiuto dal piccolo gruppo di Udine, si differenzia dagli altri episodi dell’epoca in quanto commesso contro lo Stato e non in collusione con gli apparati dello Stato e oggetto di attività di depistaggio all’insaputa e contro la volontà dei suoi autori.

- Gli attentati del 12.12.1969 si inquadrano in una strategia golpista e per essi erano stati utilizzati uomini sia di Ordine Nuovo sia di Avanguardia Nazionale (int.9.3.1992, f.1; 16.6.1992, f.2).

Tale strategia era stata introdotta nel nostro Paese grazie all’elaborazione teorica e all’ispirazione dell’AGINTER PRESS di GUERIN SERAC (int.9.3.1992, f.2) che era la "mente" degli attentati e, in particolare, era in contatto con Stefano DELLE CHIAIE (int.20.5.1992, f.2).

Elemento caratterizzante di tale strategia era la creazione di falsi gruppi di estrema sinistra e l’infiltrazione in altri già esistenti, al fine di far ricadere su di essi la responsabilità degli attentati (int.16.6.192, ff.3-4), provocare l’intervento delle Forze Armate ed escludere il Partito Comunista da qualsiasi possibilità di influenza significativa sulla vita politica italiana (int. citato, f.3).

- Centrale nella ricostruzione degli avvenimenti del 12.12.1969 è poi, secondo il racconto di VINCIGUERRA, il significato della manifestazione indetta per il 14.12.1969, a Roma, dalla Direzione del M.S.I., subito dopo il rientro di Ordine Nuovo nel Partito, manifestazione che, all’indomani degli attentati, avrebbe dovuto innescare la richiesta da parte della "piazza di destra" di un "Governo forte" e di un intervento dei militari.

Vincenzo VINCIGUERRA, pur ignaro in quel momento del vero significato strategico dell’adunata, la sera del 12.12.1969 era già partito alla volta di Roma:

"....In merito all'adunata di Roma, posso specificare che io partii da Udine con Cesare Turco, proprio la sera del 12 dicembre 1969, in treno per Roma per recarci appunto alla manifestazione.
Vi era già, ovviamente, la notizia degli attentati e ricordo che alla stazione fummo fermati da un Commissario di Polizia di Udine che ci interpellò pensando che fossimo diretti a Milano.
Ritengo significativo ricordare che era giunta per quella manifestazione una convocazione a parteciparvi anche con i simboli di Ordine Nuovo, ed infatti avevamo un cartellone con l'ascia bipenne che noi stessi avevamo preparato per quell'occasione.
La convocazione era avvenuta tramite Maggi e non escludo che mi fosse giunta anche da Roma.
In sostanza, la convocazione per la manifestazione era avvenuta come se il rientro di Ordine Nuovo nel M.S.I. non ci fosse stato e in quel momento Ordine Nuovo si presentava ancora come un'entità autonoma rispetto al M.S.I. con i propri dirigenti ed i propri simboli. Giunti a Roma restammo tutto il giorno di sabato 13 dicembre in attesa di notizie in quanto non vi era più la certezza che l'adunata si sarebbe svolta ugualmente. Sino a tarda notte le notizie erano ancora incerte. La domenica mattina, e cioè il 14, si seppe che l'adunata non si sarebbe svolta, in quanto sospesa dal Governo, e in serata ripartimmo per Udine.
Nel libro io cito la confidenza di Angelo Ventura a Franco Comacchio, riferita da questi all'Autorità Giudiziaria, per sottolineare quello che anche per mia conoscenza era un collegamento tra i due episodi, cioè gli attentati del 12 dicembre e l'adunata di Roma, come inseriti in un'unica operazione politica. Indico negli attentati del 12 dicembre 1969 non l'inizio della strategia della tensione, bensì il detonatore che, facendo esplodere una situazione, avrebbe consentito a determinate Autorità politiche e militari la proclamazione dello stato di emergenza.
A domanda dell'Ufficio, questo mio elemento di conoscenza della verità del collegamento dei due episodi di cui parla Comacchio risale agli anni '70, prima della mia carcerazione..."
(VINCIGUERRA, int.13.1.1992, ff.2-3)

Gli articoli e le manchettes delle pagine del quotidiano "Il Secolo d’Italia" del dicembre 1969, acquisite in copia (vol.10, fasc.10), sono in piena corrispondenza con la descrizione di Vincenzo VINCIGUERRA relativa a tale manifestazione.

Sin dai primi giorni di dicembre, infatti, il quotidiano del Movimento Sociale Italiano annunzia con grande enfasi la manifestazione al Palazzetto dello Sport, definita "Incontro con la Nazione", "Appuntamento con la Nazione" e "Grande Adunata".

Oratore principale della giornata era ovviamente il Segretario del Partito, on. Giorgio Almirante, il quale, con il suo discorso, avrebbe dovuto fare appello all’"intesa e compattezza delle forze nazionali nel momento di emergenza" che si stava vivendo, riservando al suo Partito solo il privilegio, nella lotta per salvare l’Italia, di "combattere sulla trincea più avanzata" (cfr. "Il Secolo d’Italia", 12.12.1969, pagine 1 e 8).

Solo il 14.12.1969, giorno della manifestazione, il quotidiano darà la notizia del divieto, per tale giornata, di qualsiasi manifestazione pubblica e quindi anche della "Grande adunata", attribuendo tale provvedimento alla "debolezza del regime verso il P.C.I." e ad interventi in tal senso dei socialisti del P.S.I. e dei repubblicani (vol.10, fasc.10, f.9).

Anche Martino SICILIANO ha ricordato l’importanza della manifestazione, a cui Ordine Nuovo avrebbe dovuto presentarsi in ranghi compatti con scudi e insegne, e di essere stato fermato, mentre insieme ad altri mestrini stava per partire alla volta di Roma, dal contrordine del dr. MAGGI che comunicava l’annullamento della manifestazione (int.21.8.1997, ff.3-4).

Martino SICILIANO ha anche ricordato che, nei giorni precedenti, Delfo ZORZI aveva partecipato a Mestre ai preparativi della manifestazione, a dispetto della versione di ZORZI che, quale linea difensiva, ha cercato di sostenere di essere stato ormai lontano, in quel periodo, dalla vita politica attiva, di non avere frequentato quasi più Martino SICILIANO e soprattutto di avere trascorso a Napoli i giorni precedenti il 12.12.1969.

- Punto centrale è certamente il fatto che Vincenzo VINCIGUERRA, militante ancora giovanissimo nel dicembre 1969 e non inserito nei progetti strategici più delicati, avesse appreso a metà degli anni ‘70 (come precisato nell’interrogatorio in data 16.6.1992, f.5) che gli attentati del 12.12.1969 e l’adunata di Roma facevano parte di un’unica operazione politica.

Si tratta, come rilevato dallo stesso VINCIGUERRA anche nel suo libro "La Strategia del Depistaggio", citato nell’interrogatorio in data 13.1.1992, di una notizia del tutto analoga alla confidenza che Angelo VENTURA, fratello di Giovanni, aveva fatto a Franco COMACCHIO e che quest’ultimo aveva riferito agli inquirenti nel corso dell’istruttoria sulla cellula padovana (int. COMACCHIO al P.M. di Treviso, 6.11.1971).

Franco COMACCHIO aveva infatti ricevuto da Angelo VENTURA, pochissimi giorni prima del 12 dicembre, la confidenza che di lì a poco sarebbe "avvenuto qualcosa di grosso", in particolare "una marcia di fascisti a Roma e qualcosa che sarebbe avvenuta nelle banche".

Due avvenimenti strategicamente collegati, dunque, ed è significativo che quanto appreso da VINCIGUERRA da fonte diversa rispetto a quella di COMACCHIO (int.VINCIGUERRA, 16.6.1992, f.5) confermi a posteriori il racconto di quest’ultimo, purtroppo sottovalutato nelle fasi dibattimentali come è avvenuto per tante circostanze raccolte nel corso delle prime istruttorie.

Perdipiù nel corso della presente indagine anche Giampaolo STIMAMIGLIO, gravitante nell’ambiente veronese di Ordine Nuovo e molto legato, anche sul piano amicale, alla famiglia VENTURA, ha riferito che sia Giovanni VENTURA sia il fratello Luigi gli avevano confidato, prima dei fatti del 12.12.1969, che presto sarebbe avvenuto "qualcosa di grosso" che avrebbe cambiato la situazione politica in Italia (dep. 16.3.1994, f.2).

Giuseppe FISANOTTI, anch’egli appartenente all’area di Ordine Nuovo di Verona e cognato di Giampaolo STIMAMIGLIO avendone sposato la sorella Rita, ha confermato che sia Giampaolo sia Rita gli avevano riferito le confidenze a loro volta ricevute da Giovanni VENTURA già all’epoca dei fatti, circostanza questa che conferma l’attendibilità della testimonianza di Giampaolo STIMAMIGLIO (dep. FISANOTTI a questo Ufficio, 8.5.1993, f.2).

Gli avvenimenti del 12.12.1969 erano stati, quindi, senza troppe cautele e in varie occasioni, preannunziati dai fratelli VENTURA ed era stato rimarcato il collegamento con la manifestazione del 14.12.1969 così come VINCIGUERRA aveva in seguito appreso da fonti del tutto differenti.

- Per quanto concerne la materiale esecuzione degli attentati, il gruppo di Ordine Nuovo di Trieste aveva partecipato agli attentati ai treni dell’8/9 agosto 1969 (int.2.12.1992, f.3; 21.12.1992, f.3), mentre Avanguardia Nazionale era responsabile, fornendo un apporto operativo determinante, degli attentati della giornata del 12 dicembre 1969 avvenuti a Roma (int.29.6.1992, f.2).

Si noti che tali indicazioni di VINCIGUERRA, seppur laconiche e incomplete, sono in perfetta sintonia con le altre acquisizioni processuali e cioè le dichiarazioni di Carlo DIGILIO e, per quanto concerne gli attentati all’Altare della Patria, quelle di Graziano GUBBINI e di Giuseppe ALBANESE (rispettivamente, dep ai GG.II. di Milano e Bologna in data 24.1.1994, f.7, e dinanzi al G.I. di Bologna in data 3.9.1992, f.3).

- Aldo TRINCO, commesso della libreria "Ezzelino" di Padova e appartenente alla cellula di Franco FREDA, incontrando Vincenzo VINCIGUERRA nel 1972, aveva più volte rivendicato al gruppo di Padova la corresponsabilità nella strage esprimendosi in modo cinico con le parole "Siamo stati noi, in fondo era plebe" (int. 16.6.1994, ff.4-5).

- Delfo ZORZI, nel 1973, aveva proposto a Vincenzo VINCIGUERRA di collaborare alla fuga di Franco FREDA, il quale avrebbe dovuto evadere dal carcere ove era detenuto ed espatriare inizialmente in Austria attraverso un valico di confine non troppo sorvegliato e il cui attraversamento clandestino non doveva essere troppo impegnativo sul piano fisico in quanto, all’epoca, FREDA soffriva di problemi alla schiena.

Compito di VINCIGUERRA era quello di individuare il valico più adatto ed egli aveva scelto a tal fine il Passo del Giramondo, che era sorvegliato da pochissimi militari della Guardia di Finanza e tramite il quale si poteva raggiungere l’Austria senza troppe difficoltà (int. 13.1.1992, f.3).

Il progetto era stato poi abbandonato senza che VINCIGUERRA ne avesse mai potuto conoscere le ragioni.

Le non buone condizioni fisiche di Franco FREDA sono state confermate da lui stesso, il quale ha riferito che all’epoca portava un busto ortopedico soffrendo di un’ernia del disco (int. FREDA a questo Ufficio, 14.10.1994, f.5).

L’episodio ricordato da VINCIGUERRA è in perfetta sintonia con la proposta fatta nello stesso periodo da Delfo ZORZI a Carlo DIGILIO di collaborare all’evasione di Giovanni VENTURA adoperandosi per duplicare la chiave della cella ove questi era detenuto (int. DIGILIO, 29.1.1994, f.3; 16.4.1994, ff.2-3) ed entrambi i progetti sono evidentemente indicativi della pregressa comune operatività del gruppo di FREDA e del gruppo di ZORZI nell’operazione del 12.12.1969.

- Infine VINCIGUERRA ha rievocato un colloquio avuto con Adriano TILGHER, braccio destro di Stefano DELLE CHIAIE, nell’estate del 1979, pochi mesi prima che VINCIGUERRA scegliesse di costituirsi anche per non essere più coinvolto nelle attività di forze che si dicevano "rivoluzionarie", ma in realtà gli apparivano sempre di più al servizio dello Stato e delle sue logiche di potere.

Era da poco stato pubblicato un libro scritto da Massimo FINI concernente le indagini sulla "pista nera", soprattutto l’istruttoria milanese dei Giudici D’Ambrosio e Alessandrini, e nel libro l’autore aveva sostenuto la corresponsabilità di Avanguardia Nazionale negli attentati del 12.12.1969.

Commentando il contenuto del volume, VINCIGUERRA, all’epoca divenuto già militante di Avanguardia Nazionale ed ancora convinto dell’estraneità almeno di tale organizzazione alla strategia delle stragi (mentre gli erano ormai chiare le responsabilità dell’organizzazione in cui aveva militato in precedenza e cioè Ordine Nuovo), aveva affermato che la ricostruzione del giornalista era comunque priva di significato, ma Adriano TILGHER lo aveva smentito rispondendogli testualmente "Ti sbagli, perché D’Ambrosio ha capito tutto" (int. 16.6.1992, f.4).

La preoccupazione di Adriano TILGHER, espressa con tale commento, si riferiva non solo alla corresponsabilità di Avanguardia Nazionale, ma anche agli agganci istituzionali individuati dagli inquirenti e al ruolo di GUERIN SERAC, la cui importanza era stata compresa nel corso dell’istruttoria milanese, ma non aveva potuto essere approfondita anche a seguito del trasferimento dell’istruttoria (int. citato, f.4).

Il commento preoccupato di Adriano TILGHER ricorda il fastidio con cui Stefano DELLE CHIAIE, a Madrid nel 1974, aveva rinfacciato a GUERIN SERAC l’incauta intervista rilasciata dal suo braccio destro, Robert LEROY, al settimanale "L’Europeo" in cui questi, pur senza ovviamente far riferimento ad azioni eversive, aveva rivelato i rapporti esistiti in passato fra lo stesso LEROY e gli italiani DELLE CHIAIE, MERLINO e SERPIERI (int. VINCIGUERRA, 20.5.1992, ff.1-2; si veda il testo dell’intervista in vol.12, fasc.6, ff.6 e ss.).

Tale affermazione, secondo DELLE CHIAIE, era pericolosissima in quanto DELLE CHIAIE e MERLINO erano indicati nell’appunto del S.I.D. del 16.12.1969 (forse in parte originato proprio dalla confidenze di Stefano SERPIERI, legato al S.I.D.) come elementi in contatto con SERAC e LEROY, gerarchicamente dipendenti da questi e organizzatori, in tale veste, di alcuni degli attentati del 12.12.1969 proprio su ispirazione dell’AGINTER PRESS.

Ogni riferimento a tali collegamenti era quindi potenzialmente molto dannoso in quanto toccava un nervo scoperto della strategia complessiva degli attentati e gli inquirenti (che, secondo una fonte attendibile come Adriano TILGHER, "avevano capito tutto") avrebbero potuto non lasciarsi sfuggire l’occasione di approfondire ancora, anche alla luce dell’intervista, tale pista.


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