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IL PREANNUNZIO DEGLI ATTENTATI DEL 12 DICEMBRE 1969

FATTO DA PAOLO ZANETOV A SONIA ARBANASICH

L’episodio che aveva visto come protagonista l’estremista di destra romano Paolo ZANETOV e la sua fidanzata, Sonia ARBANASICH, era entrato frettolosamente nell’istruttoria sugli attentati del 12.12.1969 (e precisamente nella parte dell’istruttoria condotta a Roma nei confronti di Pietro VALPREDA e degli altri militanti del circolo anarchico "22 Marzo") ed è stato rapidamente dimenticato, tanto da restare una delle piste inconcluse di tale complesso di indagini.

In sintesi, Sonia ARBANASICH, giovane studentessa all’epoca sentimentalmente legata all’esponente di Ordine Nuovo Paolo ZANETOV, aveva reso ai giudici inquirenti una sofferta testimonianza rivelando che, il pomeriggio del 12.12.1969, il fidanzato, del quale le erano ben note le posizioni politiche che ella peraltro non condivideva, aveva mostrato di essere consapevole di quanto stava per accadere anche a Roma affermando, in presenza della ragazza fra le ore 17.00 e le ore 18.00, "a quest’ora dovrebbe essere già successo.....lo leggerai domani sui giornali".

In sostanza, Paolo ZANETOV sarebbe stato uno dei "profeti" degli avvenimenti del 12.12.1969 così come, fra gli altri, Angelo VENTURA, fratello di Giovanni, il quale, pochi giorni prima della strage, aveva confidato a Franco COMACCHIO che di lì a poco sarebbe successo qualcosa di grosso nelle banche.

La negazione di Paolo ZANETOV e la successiva ritrattazione della ARBANASICH avevano reso inutilizzabile, nell’ambito della prima istruttoria, l’originaria testimonianza della ragazza.

Nuovamente sentita da personale del R.O.S. nel febbraio 1995, a oltre vent’anni dalla prima testimonianza. quando timori ed eventuali pressioni erano ormai certamente venuti meno, Sonia ARBANASICH ha spiegato, con accenti di verità, le ragioni della sua ritrattazione riferendo per la prima volta anche alcuni episodi che consentono di comprendere le ragioni del suo mutamento di versione e il contesto in cui ciò sarebbe avvenuto.

La nuova testimonianza di Sonia ARBANASICH è certamente inquietante e merita di essere riportata nei suoi passi principali.

La ARBANASICH, dopo aver precisato di non aver mai condiviso le idee politiche del suo fidanzato, che apparteneva a Ordine Nuovo e frequentava con regolarità il Centro Studi di Via degli Scipioni, ha raccontato:

"....il giorno 12 dicembre 1969 mi trovavo con lo ZANETOV in centro a Roma, nei pressi di Piazza di Spagna.

Era pomeriggio tra le ore 17.00 e le ore 18.00.

Ricordo che lo ZANETOV guardò l’orologio che da poco tempo gli aveva regalato un suo zio e pronunciò la seguente frase: "a quest’ora dovrebbe essere già successo...".

Io gli chiesi che cosa avrebbe dovuto succedere e lui mi rispose: "lo leggerai domani sui giornali".

Io lì per lì non diedi molto peso all’affermazione dello ZANETOV, ma il giorno successivo appresi della notizia della strage e ricollegai l’accaduto.

Quando vidi lo ZANETOV il giorno 13.12.1969 gli indicai la notizia sul giornale che stava leggendo dicendogli allarmata e scioccata: "E’ questa la cosa di cui parlavi ieri?".

Lui non mi rispose subito, ma continuò a leggere il giornale.

Poco dopo disse: "Questa volta hanno esagerato...".

Rimasi talmente scioccata da ciò che non ne parlai più con lo ZANETOV.

In quei giorni, pensando alla strage e agli ordigni esplosi a Roma, mi venne in mente la riunione a cui partecipò lo ZANETOV (nota Ufficio: una riunione, pochi giorni prima, presso il Centro Studi Ordine Nuovo), ma non osai mai parlarne con lui.

Anzi, preciso che non parlai mai più con lo ZANETOV dell’intera faccenda.

Diverso tempo dopo mi trovai a parlare della strage con la mia amica e collega Silvana DILETTI.

Lei mi confidò di aver sentito da alcune persone che qualcuno sapeva in anticipo delle bombe.

Io le risposi che anche il mio ragazzo lo sapeva in anticipo, tanto che il giorno precedente mi aveva detto la frase di cui sopra.

La DILETTI mi chiese se io fossi stata disposta a testimoniare su quanto accaduto.

Io mi dichiarai disposta e lei mi mise in contatto con alcuni suoi amici dei quali non ricordo i nomi.

Questi giovani mi fecero raccontare nuovamente la storia e poi mi accompagnarono dal Giudice che si occupava delle indagini a Roma.

Venni quindi ascoltata dal Giudice e da un uomo che verbalizzava.

Al termine del verbale, il Giudice, del quale non ricordo il nome, mi chiese se fossi disposta a sostenere un confronto con lo ZANETOV.

Io acconsentii e, poco dopo, venni riascoltata del Giudice in contraddittorio con lo ZANETOV.

Questi negò tutto, negò addirittura di possedere un orologio e di avermi mai detto quelle frasi.

Ammise soltanto di aver detto la frase "Questa volta hanno esagerato...", che considerava una normale reazione alla notizia.

Terminato il confronto, ci recammo ognuno presso la propria abitazione, ma il giorno successivo ci incontrammo nuovamente sotto casa mia.

Qui lui mi minacciò, dicendomi di stare attenta poiché i suoi amici non erano gente tenera; conoscevano bene la mia famiglia e quella delle altre persone che mi avevano portato a testimoniare.

In particolar modo lo ZANETOV mi disse che sapevano che io avevo un fratello piccolo e che Silvana DILETTI aveva una figlia di pochi anni.

A questo proposito ricordo che mi disse: "...ti piacerebbe che crescesse senza una gamba?".

Io rimasi terrorizzata da queste affermazioni dello ZANETOV che mi invitava a ritrattare e quindi acconsentii a fare ciò.

Il giorno successivo mi ripresentai dal Giudice accompagnata dallo ZANETOV.

Io avevo intenzione di far capire al Giudice che ero stata minacciata da Paolo, ma questi mi interrogò senza far allontanare lo ZANETOV e quindi alla sua presenza io non potei far altro che ritrattare.

Io dissi di essermi inventata tutta la vicenda ed il Giudice rimase impassibile.

L’uomo che verbalizzava disse: "Eppure sembrava così vero il tuo racconto...".

Io risposi: "Vero, eh?".

Io a quel punto ero talmente frastornata che non continuai, firmai il verbale e me ne andai con lo ZANETOV.

Io sono sempre stata convinta che il Giudice avesse compreso che la ritrattazione era fasulla.

Usciti dal Palazzo di Giustizia, lo ZANETOV mi portò dal suo avvocato, del quale non ricordo il nome ma che si trovava nei pressi di casa sua, al quale spiegò l’intera vicenda.

L’avvocato si inquietò dicendogli che avrebbe dovuto venire prima e che aveva fatto malissimo a farmi ritrattare.

Usciti dall’Ufficio dell’avvocato mi portò verso casa sua.

Ivi giunti, lui, senza parlare, cominciò a salire le scale.

Io feci finta di salire con l’ascensore e, non appena vidi che lui era giunto al secondo o terzo piano, mi voltai ed uscii.

Lui mi rincorse per strada, mi raggiunse e mi picchiò in mezzo alla strada.

Mi diede quattro o cinque schiaffi e mi lasciò.

Qual giorno fissò la data nella quale lasciai Paolo.

Alcune settimane dopo lui venne a cercarmi pregandomi di tornare con lui, ma invano.".

(ARBANASICH, dep. a personale del R.O.S., 28.2.1995).

In sostanza, secondo il racconto di Sonia ARBANASICH, che ha quantomeno il pregio di essere stato reso in un momento in cui ogni possibile minaccia non può più concretizzarsi a tanta distanza di tempo dai fatti nè può più profilarsi alcuna ragione di personale rancore contro lo ZANETOV, del tutto sincera sarebbe stata la prima testimonianza e necessitata, invece, la successiva ritrattazione.

Paolo ZANETOV, sentito in data 13.3.1995 da personale del R.O.S., ha nuovamente negato di aver preannunziato gli attentati e negato di aver minacciato la ARBANASICH per indurla a ritrattare, pur ammettendo la sua frequentazione del Centro Studi Ordine Nuovo, i rapporti con Pino RAUTI e Paolo SIGNORELLI e, in seguito, anche con Franco FREDA e riconoscendo di essere stato anche arrestato per detenzione illegale di armi nell’ambito della sua militanza politica.

Alla luce delle complessive risultanze dell’attività istruttoria, la nuova testimonianza di Sonia ARBANASICH rimane comunque significativa e inquietante e potrebbe essere oggetto di ulteriore approfondimento da parte della Procura della Repubblica nell’ambito delle indagini collegate.


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