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2. PER UNA NUOVA CARTOGRAFIA DEL REALE: DALLE PERFORMANCE TEATRALI ALL’ARTE DIGITALE



2.1 Le performance teatrali come eventi collettivi ultrascenici


Penso che a questo punto sia abbastanza chiaro che quando parlo di performance teatrale non mi riferisco alla concezione classica del teatro naturalistico che vede attivi in un palcoscenico degli attori intenti a recitare una parte di fronte ad un pubblico che ha come unica possibilità quella di guardare. Le performance teatrali di cui parlo (se è così che le vogliamo chiamare) sono un processo di costruzione collettiva che mette in gioco il corpo, non solo dei presunti "attori" e nella mia analisi, ideatori dell’evento artistico, ma di tutti gli "spettatori" (o fuitori dell’evento), che diventano così partecipanti al processo stesso.

Mi riferisco così ad una modalità di messa in scena che non risulta più rappresentazione di qualcosa, ma che si fa coperformativa e basata sulla spontaneità creativa collettiva.

Giacomo Verde ha dato un nome a questa pratica con il termine arte-ultrascenica. Tale appellativo sta a rappresentare una forma artistica che non è più rappresentazione, ma azione collettiva, un’ "interfaccia attiva" di comunicazione che sposta il suo fulcro dal prodotto al processo, al fine di stimolare la messa in scena di pratiche collettive e interattive e orizzontali fra gli individui e fra questi e i mezzi di comunicazione.

I mass media sono infatti messi in gioco insieme ai partecipanti e vengono scardinate le tradizionali modalità di fruizione verticistica a cui i media generalisti ci hanno abituati.

Provare ad utilizzare gli strumenti di comunicazione in maniera alternativa e collettiva può anche favorire la riflessione sulle loro caratteristiche intrinseche e sul dualismo realtà/finzione che molto spesso viene offuscato dalle strategie trasmissive dell’industria dello spettacolo. Ciò che noi percepiamo come vero, pur se filtrato dai mass media, attraverso tali pratiche collettive e autogestite, sarà costretto a rivelarsi come fittizio, svelando i retroscena di costruzione fantasmatica e ingannevole di tanta comunicazione massmediatica. Si andrà ad agire direttamente sulle modalità di trasmissione delle informazioni, nella zona liminare in cui prendono vita gli immaginari collettivi.

Le dinamiche comunicative si spostano così dallo sguardo e dalla vista al gesto e al corpo, naturalmente associato ad un’azione decostruttiva e scardinatrice operata dalla nostra mente.

In questo senso la comunicazione, attraverso tali pratiche performative, approderà a tutti i sensi e non solo a quello della vista: si tracceranno le basi per una nuova cartografia del reale.

 


2.2 Per una nuova cartografia del reale


Il concetto di una nuova cartografia del reale è stato messo a punto nel Gennaio del 1993, presso la fondazione Mudima di Milano, da Mario Canali, Antonio Caronia, Gino di Maggio, Antonio Glessi, Maria Grazia Mattei, Paolo Rosa e Giacomo Verde.

Il gruppo di artisti e studiosi diede vita ad un documento, che si può considerare come un "Manifesto dell’era virtuale" in cui si sottolineava la fine del predominio dell’occhio a favore di una messa in scena di tutti i sensi negli eventi artistici, al fine di rovesciare il predominio dell’immagine, della tirannia del senso della vista per far emergere una nuova rete di rapporti, più ricca e problematica, del corpo col mondo. In questo modo Il nostro corpo avrebbe quindi potuto rapportarsi con altri "io virtuali" e vivere l’esperienza di un sé smaterializzato, ibridato e disseminato nelle trame del virtuale.

Al proposito mi sembra opportuno citare il brano conclusivo del documento:

"Tutta la nostra pratica, la nostra ricerca di questi anni, dimostra quanto ognuno di noi sia lontano da una glorificazione della tecnologia o dall’illusione che l’elettronica possa restituire un mondo (reale o fittizio) purificato dalle contraddizioni. Tutti noi, in un modo o nell’altro, abbiamo assunto il matrimonio fra l’uomo e la macchina come uno ‘sporco connubio’, come un elemento di spostamento delle contraddizioni, non di pacificazione o di realizzazione di un’utopia impossibile. Nessuno di noi vuole ‘uscire dal mondo’, anche perché oggi i mondi paralleli si moltiplicano, e senza un’operazione di ridefinizione dei rapporti (se non dei confini) tra reale e immaginario si rischia di non sapere da dove si è usciti e dove si entra. La condizione preliminare per poter iniziare a cartografare questi nuovi territori è certo quella di assumere sino in fondo la materialità (o l’immaterialità) dell’esperienza, la frammentazione del corpo, anche la disumanizzazione: ma senza il compiacimento cinico di chi cerca nella glorificazione dell’esistente un alibi per la propria impotenza; e con la preoccupazione, (che crediamo di aver sempre dimostrato) di far marciare parallelamente la ricerca teorica e la pratica comunicativa.

Ecco, questa operazione, ambiziosa ma necessaria, di ridefinizione delle categorie e delle pratiche di lettura e di attraversamento del mondo (dei mondi), di ripresa di un legame fra la teoria e la pratica dentro un agire che è sempre più insieme comunicativo e estetico, è quella che proponiamo oggi. Certo si piò fallire, ma fallirà più profondamente chi non avrà neppure provato."

Queste riflessioni, che si collocano nel periodo di massima affermazione della realtà virtuale in Italia (e che quindi vanno inserite in quel contesto), mettono in evidenza un carattere fondamentale della sperimentazione artistica sui nuovi media e cioè il fatto che attraverso questi ultimi, l’arte viene inserita nelle trame della vita e si fa pratica e non solo teoria e va ad agire sull’intero corpo del fruitore, che si fa così attore partecipante.

Non ha quindi importanza la tecnologia in sé, ma la sua capacità di mettere in moto processi di interazione concreta fra individui e strumenti tecnologici e fra individui stessi. Si sposta l’attenzione dall’oggetto al processo di costruzione di spazi comunicativi e performativi, che siano un motivo di riflessione critica sul Sé, sulla cultura e sulla società e nello stesso tempo siano territorio di attiva espressione personale (e anche ludica in molti casi).

Il fruitore può quindi essere uno dei protagonisti di un evento che lo investe sia a livello cognitivo che percettivo e può quindi prendere in mano il processo di creazione e trasmissione delle informazioni, attraverso una relazione di feedback perturbativo con il medium. L’azione dell’individuo (o più individui) viene trasformata progressivamente dal rapporto con il medium e il medium stesso adatta le sue proprietà comunicative all’agire umano. Ci si trova così a mettere in scena il nostro corpo-mente in una zona liminare, sperimentativa, in cui i codici della comunicazione e gli immaginari collettivi possono essere reiventati e personalizzati.


2.3 Dalla sperimentazione performativa collettiva attraverso i media audiovisivi alle agorà telematiche attraverso le mailing list e le BBS in Rete


Per dare esempi concreti alle riflessioni portate avanti sopra, si possono considerare alcune pratiche collettive favorite dalla creazione di contesti comunicativi orizzontali da parte degli artisti a cui la mia analisi si riferisce. Il fine che anima il loro operato artistico è nella maggior parte dei casi quello di creare contesti comunicativi interattivi, in cui le persone possano esprimersi liberamente autogestendo il proprio rapporto con i mass media e prendere parte a processi collettivi in divenire, che origineranno l’evento artistico in base al loro evolversi spontaneo. Si agisce quindi non solo sull’immaginario collettivo attraverso la sperimentazione e creazione di nuovi linguaggi rappresentativi, ma si favoriscono anche processi che vanno a toccare direttamente il sistema di relazioni e tecnologie per la produzione di senso comunicativo. Questo avviene mediante operazioni collettive che cercano di costruire diverse modalità di comunicazione.

 


2.3.1 La MINIMAL TV


Un esempio di questa collettivizzazione dei mezzi di comunicazione può essere la MINIMAL TV, che ha debuttato a Vinci (Fi) nel Luglio 1996. La MINIMAL TV è stata realizzata dal gruppo Quinta Parete, composto dagli artisti Federico Bucalossi, Claudio Parrini, Giacomo Verde e da Vanni Cilluffo, Francesco Galluzzi, Vania Pucci, Alessandro Barbadoro, Renzo Bordini.

"La Minimal TV è la televisione più piccola del mondo: trasmette i suoi programmi via cavo su alcuni televisori messi in ‘strada’. Minimal TV è fare televisione ripartendo dal minimo indispensabile, quasi da zero, anche perché la televisione non esiste sono solo figurine". Nelle interviste che seguiranno gli artisti spiegano compiutamente le caratteristiche e la finalità di una televisione autogestita come è la MINIMAL TV.

Qui a me preme sottolineare il carattere collettivo e di base di tale TV, che alla domanda "La televisione chi la fa?" vuole rispondere con "Ogni gruppo si fa la sua.".

Attraverso una strumentazione tecnica molto semplice (una telecamera amatoriale, un mini-mixer audio-video, un Macintosh per le intersigle, due videocamere in S.VHS per i servizi registrati, un video-box per dialogare con il conduttore, il collegamento ad Internet per far lasciare testi e immagini), veniva data la possibilità alle persone di una data località di costruire la propria televisione, mettendo in scena se stessi e la propria volontà di comunicare qualcosa.

La sperimentazione video veniva quindi associata ad una "pratica teatrale" che portava a veicolare contenuti in modo spontaneo scavalcando il tradizionale modo di fare comunicazione dei media generalisti basato su regole codificate. Si voleva approdare ad una televisione personalizzata, che favorisse la costruzione spontanea degli immaginari collettivi, a partire da un uso alternativo dei media stessi. Un po’ come le sperimantazioni video a circuito chiuso dei videoartisti negli anni Sessanta-Settanta, con la differenza che a manipolare i codici comunicativi questa volta non sono gli artisti, che vogliono offrire solo contesti, ma la gente di determinate città, paesi, piazze.

Lo stesso Giacomo Verde sottolineava, nel convegno Documedia Percorsi Multimediali tenutosi alla RAI di Roma nel Maggio 1998, il fatto che all’inizio delle trasmissioni della MINIMAL TV le persone coinvolte tendevano ad imitare le modalità tradizionali di comunicazione televisiva e i generi specifici della Tv generalista, però poi cominciavano a creare codici comunicativi e rappresentativi nuovi, più simili a quelli propri dei cantastorie, del teatro popolare, della messa in scena teatrale in strada. La TV veniva quindi autogestita e costruita spontaneamente, acquistando così un nuovo senso collettivo, sicuramente più reale nel suo essere finzione palese. Si operava così lo svelamento dei retroscena comunicativi che invece in tanta tv generalista sono mascherati per ottenere un maggior effetto di realtà: ecco perché la frase di Giacomo Verde "la tv non esiste sono solo figurine".


2.3.2 PIAZZA VIRTUALE


Un altro "esperimento audiovisivo collettivo" è stato portato avanti dal gruppo Pigreca (Flavia Alman e Sabine Reiff) e da Giacomo Verde, in contatto con il gruppo di Amburgo dei Van Gogh TV, nell’evento di Piazza Vrtuale (1992), per la manifestazione Documenta IX di Kassel. Attraverso un collegamento satellitare con i Van Gogh TV, venivano messi in contatto (sempre via satellite) alcune piazze italiane ("le piazzette") con le piazze di Amburgo, Tokio, Mosca,ecc. (fu incluso nell’esperimento anche il Centro Sociale Cox 18 di Milano). In questo modo le persone che partecipavano alla manifestazione di tv interattiva potevano scambiare opinioni e informazioni con altri individui appartenenti a città lontane e sfruttare così il medium televisivo per creare dialogo orizzontale e bidirezionale.

Giacomo Verde, sempre al convegno nella RAI di Roma del Maggio 1998, descrive così l’esperienza della Minimal TV e di Piazza virtuale: "Qui il livello spettacolare non c’entra niente. Si tratta di un altro livello di comunicazione che non può essere compreso da chi ha la forma mentis della comunicazione monodirezionale. Non c’è niente da fare. Non so se voi frequentate la Rete e se avete esperienza di comunicazione in Rete. Vi renderete conto che dopo un po’ che l’essenza della comunicazione non è quella che siamo abituati a subire con la televisione (e anche con la videoarte!), ma i parametri tradizionali di trasmissione del flusso comunicativo crollano e non hanno più senso: assumono importanza i paradigmi di comunicazione interpersonale, della messa in relazione sensoriale, della condivisione dei retroscena comunicativi, ecc." I parametri di riferimento quindi sono altri: sono quelli che provengono dalla reale spontaneità delle persone nelle piazze, inserite nei loro contesti di vita e non negli studi televisivi costruiti ad hoc.


2.3.3 BBS e Mailing list


Un certo tipo di televisione, interattiva, orizzontale, autogestita, collettiva, si può ricollegare alle modalità di costruzione di spazi di discorso tipiche della Rete, come accennava sopra Giacomo Verde. Questo sta anche a significare che un medium come Internet non sostituisce necessariamente la Televisione provocandone l’obsolescenza (come alcuni teorici hanno sottolineato recentemente) perché l’uno decisamente "interattivo" e l’altra fortemente "monodirezionale": anche la televisione può essere interattiva (e l’abbiamo appena visto) e anche Internet può essere monodirezionale (quando la bidirezionalità è ridotta al minimo).

Molto spesso le profonde differenze fra i media derivano dall’uso che se ne fa.

Finora la televisione si è affermata nella sua forma generalista, mentre Internet nel suo essere territorio di scambio interattivo: in realtà ciascuno dei due ha assunto una forma peculiare che ne va a costituire l’essenza comunicativa, per cui non appaiono intercambiabili e in reale competizione (al contrario di come spesso si dice), dato che ognuno presenta una funzione specifica e assolve un particolare compito comunicativo.

Questo non toglie però che la televisione sia pensabile come interattiva (e le sperimentazioni degli artisti qui trattati lo dimostrano) e che Internet sia scevro da ogni strategia trasmissiva monodirezionale (vedi tentativi recenti di controllo monopolistico della Microsoft e di altre multinazionali).

Attualmente comunque costruire spazi di dialogo in Internet è più semplice a livello tecnico, economico e temporale (anche se, abbiamo visto, i costi di una MINIMAL TV sono abbordabili) e soprattutto, è facilmente possibile creare zone relazionali fra gli individui, che diano rilievo alla comunicazione amatoriale, aspetto che invece appare marginale nel sistema della tv generalista, basato principalmente sulle logiche dell’audience e della spettacolarità. L’operato degli artisti che ho contattato, vuole quindi mettere in condizione di poter gestire autonomamente, e, nello stesso tempo, collettivamente, gli spazi di comunicazione, mettendo a disposizione determinati contesti comunicativi, anche nella Rete.

Per esempio, Federico Bucalossi, Claudio Parrini, Tommaso Tozzi, Giacomo Verde, insieme allo studioso Antonio Caronia, hanno dato vita nel 1997 alla Mailing List Arti-Party, al fine di far nascere (e come dice C.Parrini anche di far abortire) dibattiti sull’arte (nel senso più aperto del termine). La mailing list, attiva tuttora, non ha un moderatore, perché sensibile al concetto di autogestione comunicazionale, che non presuppone alcun tipo di censura e controllo.

Un altro territorio "liberato" di comunicazione telematica possono essere considerate le BBS (Bulletin Board Sistem), le cosiddette "bacheche elettroniche", banche dati create come sistema di registrazione e diffusione di dati digitali, che agli inizi dell’ "era telematica" ebbero un ruolo fondamentale per lo sviluppo della telematica amatoriale. Costituivano infatti delle "isole nella Rete" in cui scambiare messaggi e informazioni nella massima libertà attraverso le aree echomail. A differenza della comunicazione tramite Internet, le reti BBS non funzionavano in tempo reale, a causa degli elevati costi dei collegamenti fissi su rete dedicata. I messaggi viaggiavano quindi attraverso brevi collegamenti da un nodo BBS all’altro. L’ostacolo alla loro diffusione fu, oltre il costo di modem e computer un tempo decisamente elevati, il fatto che per collegarsi alle BBS bisognava possedere delle conoscenze tecniche piuttosto avanzate. Comunque, nella seconda metà degli anni ’80, Fidonet, la prima rete di BBS, contava numerosissimi nodi in tutto il mondo. Intorno al 1995 il ruolo reticolare e orizzontale delle BBS fu affiancato da quello di Internet, una volta abbassatisi i prezzi di hardware e software e resosi disponibile e diffuso il protocollo HTTP, che ha consentito lo sviluppo di software di accesso alla rete facili da usare. Comunque le BBS non sono tramontate con l’avvento di Internet e si dimostrano ancora valide in quei luoghi e situazioni in cui la tecnologia di Internet non può essere sfruttata a pieno, per costi e per mancanza di strutture (come nei paesi in via di sviluppo).

Nel 1990, Tommaso Tozzi diede vita alla BBS HACKER ART e nel 1994 insieme al gruppo di sTRANO nETWORK (quindi anche con Federico Bucalossi e Claudio Parrini, che già precedentemente collaborava con Pier Luigi Capucci nella BBS NET MAGAZINE), alla BBS VIRTUAL TOWN TV. Nel Febbraio 1995 è stato organizzato dal gruppo sTRANO nETWORK al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato un convegno (Diritto alla comunicazione nello scenario di fine Millennio; Iniziativa Nazionale in difesa della telematica amatoriale) al fine di fare il punto sulla situazione della telematica amatoriale italiana. Il convegno ha visto la partecipazione di artisti, attivisti e studiosi del settore ed è nato con l’intento di mettere in relazione i sysop (i "gestori" delle reti amatoriali), alcuni amministratori pubblici, operatori dell’informazione e vari intellettuali. Questo per rispondere ai precedenti tentativi di controllo (appunto le nubi all’orizzonte) apportati nel mondo della rete da una giurisdizione repressiva e sostanzialmente poco informata sulle reali attività di tali nodi telematici.

Il convegno è stato un esempio di come l’attività degli hacker italiani non sia affatto quella di "distruttivi pirati informatici", ma sia finalizzata a portare avanti pratiche reali di democrazia elettronica, al fine di proteggere la libertà comunicativa che la Rete può offrire.

Al convegno parteciparono con opere video e lavori digitali vari artisti, fra cui Federico Bucalossi, Massimo Contrasto, i Giovanotti Mondani Meccanici (GMM), Claudio Parrini, Tommaso Tozzi e Giacomo Verde. In realtà tutto il convegno è stato una forma di arte, più esattamente di HACKER ART, dato che costituì un territorio orizzontale in cui instaurare reti di relazioni individuali e si dimostrò quindi un valido contesto di interazione.

Anche in questo caso quindi siamo di fronte a un’opera performativa collettiva, una pratica reale di comunicazione interattiva.

Tutti questi eventi sono quindi collegati da un filo rosso: la volontà di creare spazi di incontro e di relazioni positive fra le persone, concependo i mezzi di comunicazione come zone libere di sperimentazione collettiva.


2.4 Dal TELE-RACCONTO alle STORIE MANDALICHE attraverso le oper’azioni di Giacomo Verde


Un esempio di come l’attività teatrale può essere collegata alla sperimentazione sull’arte digitale, può essere il percorso artistico di Giacomo Verde, e più precisamente uno dei tanti sentieri che lo caratterizzano: quello che partendo dal teatro per le strade, lo porta a ideare il TELE-RACCONTO e a sperimentarlo prima attraverso il video e poi con il digitale insieme al gruppo ZONE GEMMA (in collaborazione con Massimo Contrasto).

Nell’intervista che segue, Giacomo Verde parlerà a fondo del suo operato e quindi in questa sede voglio solo apporre un cappello introduttivo, che può ricollegare le sue "oper’azioni" alle mie riflessioni precedenti.

Giacomo Verde in Azioni oltre le rappresentazioni, sostiene: "Non mi pare che occuparsi ingenuamente di ‘rappresentazioni’ in nome dell’arte, dello spirito creativo, o di chi sa cosa, serva a migliorare il mondo, anzi…io mi riconosco in un ‘comportamento artistico’ che si preoccupa di fare azioni piuttosto che rappresentazioni e mi interessa confrontarmi con le persone che si muovono in questa direzione, per cercare di migliorare il proprio agire e riuscire a segnalarlo come ulteriore possibilità dell’ ‘espressione artistica’. Ma mi interessa dialogare anche con chi continua ad occuparsi di ‘rappresentazioni’ perché nel mio agire posso usare anche questa modalità di azione-comunicazione."

Nelle azioni di Giacomo Verde la performatività corporea diviene quindi una pratica reale utile per operare una ridefinizione critica del reale e può essere una modalità attraverso cui agire sul presente, ridefinendolo in alcuni suoi aspetti. Nelle sue "oper’azioni", come il TELE-RACCONTO (dal 1989), il corpo agisce in una zona liminare in cui si gioca con i fattori culturali, li si isola e li si ricompone secondo modalità inedite, rendendo non familiare ciò che è familiare e familiare ciò che non lo è. Si opera quindi una scomposizione del nostro immaginario nei suoi fattori costitutivi e lo si ricostruisce attraverso associazioni libere, in cui la sfera ludica ha un’importanza centrale. Il gioco quindi, come teorizzava Victor Turner, offre un territorio liberato di sperimentazione creativa e assume anche una valenza oppositiva nella sua componente scardinatrice del consueto.

Attraverso il TELE-RACCONTO semplicissimi oggetti della vita quotidiana (per esempio mentine, gusci di noce, spaghetti, crackers) e parti del corpo (dita, mani), messi in scena e ripresi da un telecamera, vengono trasmessi via video, assumendo altri significati seguendo una traccia narrativa e svelando ancora una volta i retroscena di finzione della comunicazione massmediatica. La performatività corporea si fa quindi metacommento sociale: attraverso l’azione del corpo si opera quindi una riflessione critica sulle modalità di comunicazione e rappresentazione televisiva dell’attuale società dell’immagine. Dall’esperienza del corpo si giunge a riflettere sugli aspetti cristallizzati ed istituzionalizzati del nostro immaginario, stimolando la nostra mente a soffermarsi su associazioni inedite, svelando l’arcano non addomesticabile. E tutto questo è facilitato dall’uso della tecnologia in modo alternativo, andando a toccare le strutture portanti delle architetture immaginifiche erette dalla industria dello spettacolo. Il connubio individuo-tecnologia non è visto come un annichilimento di questo, ma come un mezzo per far lavorare la mente su territori resi opachi dalla patina di finzione a cui siamo periodicamente esposti a causa di determinate strategie comunicative che si adoperano per una costruzione artefatta della realtà..

Nella comunicazione televisiva molto spesso l’individuo si trova a viaggiare senza sapere chi guida: Giacomo Verde con le sue "oper’azioni" vuole rendere consapevoli gli spettatori del loro viaggio fantasmatico, poiché sono rese evidenti le strategie di finzione televisiva.

Lo stesso scarto di finzione/realtà è reso palese nel personaggio virtuale del programma EUCLIDE, animato da G.Verde e realizzato tecnicamente da Stefano Roveda (gruppo Pi Greco di Milano) con la collaborazione di Flavia Alman, che allora (1994) faceva parte del gruppo Correnti Magnetiche. Il personaggio sintetico interattivo, infatti, viene visualizzato da un computer e mentre all’inizio la sua capacità di dialogo può sembrare frutto di un programma informatico, si scorge presto durante l’interazione che è animato da Giacomo Verde attraverso un guanto di RV (una sorta di marionetta cibernetica). In tale individuo biocibernetico si fondono artificiale e reale, ma anche in questo caso la messa in scena è resa palese: questo anche perchè si dà più spazio al processo di dialogo che alla spettacolarizzazione tecnologica.

Il connubio uomo-macchina visto come territorio di sperimentazione critica e interfaccia attiva di comunicazione è ancor più evidente nello spettacolo STORIE MANDALICHE in cui il Tele-Racconto è messo in scena attraverso il MANDALA SYSTEM, il dispositivo di interfaccia utilizzato da Massimo Contrasto per creare contesti virtuali di interazione. Nello spettacolo STORIE MANDALICHE dell’associazione culturale ZONE GEMMA (formata nel 1998 da Massimo Contrasto e Giacomo Verde insieme ad Anna Maria Monteverdi e Andrea Balzola) la pratica teatrale viene rapportata al digitale creando performance-azioni attraverso i gesti di un doppio virtuale. Più precisamente la pratica del Tele-Racconto viene attuata negli ambienti artificiali del MANDALA SYSTEM: parti del corpo (per es. le mani) di G.Verde vengono infatti digitalizzate e risultano visibili in uno schermo, in cui possono interagire con icone artificiali create con il MANDALA. Anche qui la finzione e la realtà si ibridano in un territorio liminare come è quello del digitale.

Questa pratica (descritta più approfonditamente nelle interviste di G.Verde e M.Contrasto),

dà quindi compiutamente esempio di cosa sia la performatività del digitale di cui ho parlato precedentemente e del fatto che attraverso l’interattività si va ad agire direttamente nel processo comunicativo e nelle trame dell’immaginario collettivo, personalizzandolo attraverso la gestualità spontanea personale. Non si agisce quindi più artisticamente per creare prodotti finiti, ma per dar vita a contesti di comunicazione interattivi e aperti.


2.5 La sperimentazione teatrale attraverso il fumetto digitale: la nascita del gruppo GMM dall’immaginario dei Giovanotti Mondani Meccanici


In un’intervista per la manifestazione Taorimina Arte (1992) Antonio Glessi, Andrea Zingoni e Roberto Davini presentavano in questo modo il loro operato artistico (che ha sin dall’inizio spaziato in diversi campi espressivi): "Non si tratta […] di contaminare i linguaggi fra loro. Si tratta soltanto di ‘comunicare’. Ci interessa casomai ricercare un ‘luogo dell’assenza’ dove la comunicazione possa sviluppare le proprie possibilità, le proprie presenze. Crediamo nel dialogo e desideriamo piegarci alle sue esigenze. […] Nei primi lavori era fortemente presente la tematica del Mistero, che è direttamente connessa con la tematica della comunicazione. Ci è chiaro come, senza quella curiosità verso ciò che non è norma, verso ciò che è inspiegabile, e che è la forza che comanda la comunicazione, non sia possibile scambiare alcuna informazione. Non comunico mai con me stesso, comunico sempre con ciò che non conosco. Il resto è solo conquista e orrore. […].

Si tratta di usare, in generale, i mezzi adatti a costruire quel luogo dello spiazzamento globale che permetta a tutti di comunicare con tutto. Nel nostro caso si tratta di adattare le tecniche alla curiosità verso il mistero. Ci attira il Perturbante e questo non è, propriamente parlando, lo scopo del mistico ma, piuttosto, lo scopo e l’interesse verso la vita."

Attraverso queste parole è evidente come si possa assegnare all’arte il compito di agire in un territorio liminare, di confine, in un non-luogo (o come dicono sopra i Gmm in un ‘luogo dell’assenza’) in cui si possa operare una sperimentazione sui codici comunicativi, al fine di indagare sugli aspetti meno ordinari del reale, decostruendo e ricomponendo i simboli culturali in associazioni inedite e non familiari. La componente ironica è sempre stata portante nella ricerca artistica dei Gmm, accompagnata da un certo scetticismo dissacratorio verso il presente, operando una con-fusione del tragico e del comico (lo si nota anche nella loro ultima "creatura", GINO THE CHICKEN, il primo pollo perso nella Rete, che dal cyberspazio filosofeggia sull’epoca contemporanea).

In molte loro creazioni elementi della vita quotidiana vengono messi in scena in ambientazioni surreali e visionarie, quasi grottesche, attraverso cui, però, è possibile operare una graffiante riflessione critica sul reale e sugli atteggiamenti umani, nonché sui territori del Mistero. L’arte in questo caso va quindi a toccare la vita, ma anche gli universi del non-conosciuto e dell’inspiegabile, lavorando sulle trame interiori ed esteriori dell’immaginario.

Anche il nome Giovanotti Mondani Meccanici deriva direttamente dall’immaginario: era il nome dei personaggi dei loro primi lavori (1983), che presero vita nella forma del computer fumetto. Queste strisce, realizzate graficamente su un Apple II da A.Glessi e sceneggiate da A.Zingoni, inizialmente pubblicate sulla rivista Frigidaire, vennero successivamente adattate alla formula del video, in cui però venivano messe in scena come brevi "opere teatrali". Le immagini erano montate artisticamente da Antonio Glessi, vi era una colonna sonora messa a punto da Maurizio Dami, le voci dei personaggi erano recitate basandosi su un testo poetico scritto da Andrea Zingoni. Venivano realizzati dei veri e propri drammi, come il "Melodramma moderno notturno" intitolato Giovanotti Mondani Meccanici (1984), oppure la "Tragedia Gotica" Giovanotti Mondani Meccanici contro Dracula (1984), che vedevano agire in contesti ironico-tragici i Giovanotti Mondani Meccanici, "tre teppisti cibernetici, un po’ punk un po’ dark un po’ dandy un po’ Qui Quo Qua".

Questo, in breve, il contenuto delle prime "opere teatrali-digitali" create sui GMM dai GMM :

Giovanotti Mondani Meccanici

Melodramma Moderno Notturno di Andrea Zingoni

Computer Art: Antonio Glessi

Computer Music: Maurzio Dami

Voci recitanti: Victor Beard, Eva Ciucci, Andrea Zingoni, Maurizio Dami.

Giugno 1984 - Durata 12’ - Formato: 3 / 4’ U-Matic

Contenuto: Proiettata su uno scenario metropolitano e lunare si snoda la sera triste di Ella, iniziata e finita al bar Tabù. Dietro di lei ecco apparire i GMM, Giovanotti Mondani Meccanici, sottospecie di replicanti, molto efficienti e quasi antipatici. Loro la circuiscono e lei ci sta e ubriaca di sogni, whisky e anfetamine non può fare altro che lasciarsi derubare e violentare. La delusione amorosa, la stanchezza, la violenza, tutto può essere uno scherzo.

Sono le 0.30 antimeridiane del 1 aprile quando inizia la storia…

 

Giovanotti Mondani Meccanici contro Dracula

Tragedia Gotica di Andrea Zingoni

Computer Art: Antonio Glessi

Montaggio Sonoro: Maurizio Danni

Musica: Verdi, "Forza del destino", Overture - Alexander Robotnik, "Dance Boy Dance" (Maso Records) - Bach, "Passione di San Giovanni"

Voci Recitanti: Alessandro Benvenuti (Dracula), Rolando Mugnai, Roberto Nistri, Paola Pacifico (i GMM)

Luglio 1984 - Durata 13’ - Formato: 3 / 4’ U-Matic

Contenuto: rivisitazione in chiave ironica del famoso mito del Principe delle Tenebre.

Dracula, un vampiro disilluso, in crisi senile, riceve i Giovanotti nel suo lugubre castello. I tre gli offrono le loro giugolari per una colossale bevuta. Il principe, tentato, non sa rifiutare e ingurgita una dose micidiale di sangue…epatitico.


Questi video e quelli successivi (in cui si incontrano rappresentazione teatrale, immagini digitali, musica), come per esempio Il colore delle tenebre (1985), Marionetti (1985), In-A-Gadda-Da-Vida (1985), Tamburo (1985), Movimenti sul fondo (1986), danno vita a immaginari situati nella zona di confine fra realtà e desiderio, miti classici e fiction, ambientazioni ordinarie e surreali, reali e sintetiche, dando voce a suggestioni fantastiche e riflessioni sul presente e sul suo essere molte volte inspiegabile. Si compie un viaggio attraverso il mondo immaginario di Aguares, il Granduca della parte orientale degli Inferi, che innamoratosi perdutamente di una bambina diviene per gli abitanti della notte Infinita il demone sedotto che parla a colori…; attraverso le avventure di Marionetti, personaggio tenero, ironico, sempre in bilico tra situazioni di comicità spicciola (Marionetti/marionetta) o sofisticate atmosfere futuriste (Marionetti/Marinetti); attraverso gli occhi degli indiani mediante i quali gli Inglesi vedevano l’India, un’India fisica e metafisica allo stesso tempo; attraverso la rivisitazione in chiave ironica della tragedia di Orlando, con la sua fuoriuscita dal calcolatore che gli permette di cambiare il finale della storia interagendo con la realtà; attraverso la ricostruzione poetica di un paesaggio marino popolato da uomini-pesce, naufraghi, relitti, composizioni marine fantastiche, fondali allucinati. Queste atmosfere non vogliono essere una fuga dal reale, ma vogliono produrre vita, proprio partendo dall’onirico e dal surreale.

Quello dei GMM è un percorso artistico che utilizza diverse tecniche e media per comunicare il divenire dell’esistente, facendo compiere al fruitore un viaggio nei propri immaginari, senza porsi in una posizione didattica nei suoi confronti, ma lasciandogli la possibilità di un’interpretazione aperta e libera dei contenuti veicolati. Questa possibilità di viaggiare autonomamente nelle derive del proprio immaginario, viene offerta ancor più nelle opere artistiche dei GMM degli anni Novanta, in cui, utilizzando il MANDALA SYSTEM, si permette al fruitore di operare una costruzione di senso dell’opera non più solo sul piano concettuale, ma anche su quello materiale. L’individuo può infatti mettere in scena concretamente il proprio corpo negli ambienti sintetici generati dal computer, giocando e manipolando direttamente e personalmente l’immaginario collettivo.

 

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